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domenica 17 maggio 2020

50 anni di esperienza che non sono serviti a nulla

Pronti alla riapertura, dopo il lookdown. Il rovescio della medaglia di una tragedia

Ora che siamo tutti contenti per l’apertura imminente, siamo pronti a criticare tutto e tutti, in un giubilo popolare senza eguali. Addirittura pochi giorni e riprenderanno, “ne sentivamo la mancanza” le manifestazioni contro il Governo.

Mi ricorda il secondo posto della Coppa Rimet di Messico 70, cinquanta anni fa,  dove anche in quell’occasione demmo spettacolo della nostra capacità di inventarci qualcosa per non passare da sconfitti.
Mentre scrivo, mi viene in mente il brano di Burt Bacharach e Hal David  che canticchiavamo tutti prima e dopo le partite tassativamente a notte inoltrata in quell’estate indimenticabile. 

Brasile Italia Mexico 70


Avevo undici anni e a quel tempo non c’erano “fortunatamente” i commenti del dopo partita o tra un tempo ed un altro. 

“Forever, forever, you'll stay in my heart and 
  I will love you...”

Undici anni ed imparai velocemente l’arte, cara a noi italiani: quella di esultare quando si perde e fare finta che sia andato tutto bene.

Ricordo che dopo la finale si scatenò il finimondo all’urlo “il Brasile ha vinto e chissene frega” migliaia di perdenti andarono in strada ad esultare, festeggiare dopo la sonora sconfitta, 4 a 1.

“Together, together, that's how it must be
To live without you
Would only be heartbreak for me”

Oggi, dopo tantissimi anni, visto che sono un attempato signore di 61 anni, mi ritrovo immerso in questa atmosfera surreale.
Dopo 2 mesi di sacrifici, chiusi in casa per sconfiggere un virus che ha causato migliaia di morti siamo pronti, anzi non vediamo l’ora  di riprendere la nostra vita “cercando di far finta”, di aver sconfitto il virus.



“Ce lo ordina l’economia globale”, ho sentito dire.  Quell’economia che ciclicamente, grazie alla grande capacità dei suoi sostenitori liberisti, vede evaporare miliardi di risparmi di ignari, onesti ed incolpevoli cittadini.
Quella economia dei Panama Papers, per capirci. I famosi, “modi di fare finanza innovativa” che misero sul lastrico migliaia di famiglie, mentre le multinazionali, con i giochini delle scatole cinesi, in mercati off-shore eludevano bellamente le tasse da pagare.

Ecco ancora oggi, l’economia “bussa alla porta” e ci dice che è ora di ripartire e che anche se abbiamo perso, anche se esistono reali rischi che il contagio riprenda, meglio fare finta di niente e ripartire alla bene e meglio. 
Benissimo, capisco il dramma di chi si trova con l’azienda ferma e ha bisogno di ripartire, ma è la lotta dei poveri, che sperano in un miracolo e che ci sia una ripresa, che porti denaro in cassa per far fronte agli impegni. Anzi qualcuno diffonde allegramente la notizia: che è tutto un fake, che la notizia è gonfiata, che il Governo si è inventato tutto, che è un complotto e che quindi possiamo tornare tranquillamente al lavoro, a spendere, a consumare.

Il grande capitale... No, lui non si è mai fermato, anzi ha continuato a macinare utili grazie alle sue speculazioni, una su tutte in questo periodo quella sul petrolio.

Ecco come vanno le cose, due pesi e due misure.

I media ci imbottiscono la testa con messaggi che rimbalzano sui post di altrettanto sprovveduti quanto ignoranti cittadini, che ignorano realmente cosa sta accadendo.
Facile prendersela col Governo. 
Leggo battutine ironiche sui decreti, sulle autocertificazioni, nessuno a cui venga in mente che pochi mesi fa non sapevamo neanche cosa fosse un lockdown, mentre ora siamo espertissimi.

Un Paese che non sa organizzarsi veramente e rischia di brutto di buttare al vento mesi di sacrifici ed assenza di reddito. 

Non dico che non dovremmo ripartire, anzi il contrario. 
Dico ripartiamo e presto, ma, per favore, “facciamolo bene”. Non in maniera raffazzonata, dove ogni Regione è pronta a farsi paladina della riapertura. Più per scopi meramente propagandistici che per reali e ponderate esigenze dei cittadini.
Avremmo dovuto preparare strategie per la ripartenza, analizzare i mercati, capire cosa è realmente cambiato in questi mesi;  questo andava fatto.
Invece abbiamo passato le giornate, sprecando il tempo, sui gruppi facebook a polemizzare, litigare. Chiedendo quando sarebbero arrivati gli aiuti, senza pianificare, programmare un minimo del lavoro futuro.

Mi auguro che basteranno le righe per terra e i pannelli in plexiglass, ma ho paura che sarà tutto inutile, perché senza pianificazione e visione strategica si va dritti nel burrone. Questa emergenza ha messo in luce brutalmente la debolezza del nostro sistema imprenditoriale ed economico. Aziende sotto capitalizzate, imprese che vivono alla giornata, strutture e infrastrutture fatiscenti, un cattivo rapporto con la tecnologia.

A volte per vincere veramente bisogna saper aspettare. Ingoiare bocconi amari e lavorare duramente. Avere il coraggio di ripartire con strategia e forza e non allo sbaraglio, alla spicciolata.

L’Italia vera, spero lo ricordiate, fu quella che vinse veramente dopo 12 anni. Ben dopo 3 campionati del mondo.

Era l’Italia che seppe reagire, ma con la testa. Che seppe aspettare preparandosi, che voleva vincere veramente, che conosceva bene il motto “il secondo è il primo degli sconfitti”.

Io? Mi soffermo a pensare a quella notte di 50 anni fa, in cui ci illudemmo di essere campioni del mondo, mentre Pelè ed i suoi esultavano e nel cinescopio in bianco e nero sfumavano i sogni di una nazione ancora una volta illusa e sconfitta.

“Forever, forever, you'll stay in my heart
And I will love you...

...I said I say, I say a little prayer.



Domenico Gioia ©

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