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domenica 19 aprile 2015

La fine del sogno

Ho sempre sognato di essere un sogno, uno di quelli che la gente vede come un punto di arrivo; oggi con il senno di poi capisco che non mi sento sicuramente un “punto di arrivo”, ma neanche un punto di partenza.
foto-www.italiapost info
Tutto nasce dal tremendo equivoco della comunicazione, dove chi vede dall’esterno è portato a credere che quello che fai, che hai, il tuo mondo sia da invidiare. Credono che il mio mondo sia meglio del loro, che il mio mondo sia sereno, ­­­­­­­­­­­sia ricco. Fuggire, fuggire dalla povertà, dagli incubi, con nella testa quello che ti dicono gli amici, quello che vedi in TV, anche satellitare, quello che ti fanno credere guardando su internet. Un mondo bello patinato, sereno, pieno di bella gente, di sguardi e volti sorridenti, di belle persone, belle macchine, bei posti. Nulla a che vedere con casa tua, certo lì hai il cuore, ma l’Italia, l’Europa è altra cosa.
Forse hai sentito una storia, quella che ti ripetono di continuo, che qui c’è la felicità, che il sogno e la ricchezza sono veramente a portata di mano, allora inizi a sognare ad occhi aperti, odi la tua casa, i tuoi abiti semplici, ti guardi le scarpe e pensi alle scarpe dell’ultima pubblicità, ai tuoi amici che ti hanno preceduto e alla storia, dove ti hanno raccontato che tutti sono diventati ricchi ed importanti; tu non li hai più sentiti, ma raccontano così. Spesso ti sei scoperto a guardare le immagini dall’Italia con la speranza di vedere qualcuno dei tuoi amici, ma di loro nessuna traccia, ma dai arriverà il momento degli incontri. Maledici d’essere nato nel posto sbagliato, d’aver atteso tanto. Ora devi solo agire, lavorare, risparmiare e far fruttare quei pochi miserabili soldi che hai per la grande avventura, per il salto. Ti hanno raccontato che è un viaggio semplice, su una barca, poche ore con il mare calmo, tu che non sai nemmeno nuotare, ma che bisogno c’è di saper nuotare e poi poche ore di mare, di notte e all’alba sarai giunto a destinazione, poche ore per sbrigare le pratiche amministrative, richiedere asilo politico, così ti hanno detto di dire e ti si apriranno le porte della libertà, della libertà vera.
foto-ptd toscana.it

Grandi opportunità, una vita vera, serena finalmente, finalmente…poi la notte, il viaggio, la barca stipata all’inverosimile, capisci che il sogno, non è così come te lo avevano descritto. I tuoi amici, così credevi fossero hanno tramutato il loro sorriso affabile in un ghigno, i loro discorsi in urla. Donne, bambini che piangono, chi prega il suo Dio, ma qui non c’è Dio si è scordato di tutti, il mare è grosso, non c’è riparo dal freddo e dal vento che porta con se le urla dell’acqua salata, che
truce ferisce la pelle.
Poi nella notte una luce abbagliante di un elicottero, una nave si avvicina, tutti corrono, chiedono aiuto, allungano le braccia come se per incanto l’incubo dovesse finire, sorrisi speranze di nuovo riaccese. Ma non è che l’epilogo, tu guardi incredulo, vivi quella scena come in trance, sei travolto dalla gente, dai lora abiti, dai bambini che piangono, sei travolto dalla speranza. Le urla degli scafisti si fanno più forti ordinano di non andare tutti li, ma è un attimo, la barca che credevi solida ed inaffondabile si inclina sotto il peso della disperazione, delle grida. Un attimo e tutto cambia, vieni strattonato, senti il pavimento innalzarsi, scivoli prima piano, cerchi di afferrarti, ma non c’è appiglio. La barca cede pochi istanti ed il tuo sogno si scioglie come sale in acqua, ti dimeni e poi un grande dolore, il dolore di chi ha capito che il vero sogno è la propria casa, i propri cari. Ancora pochi attimi e l’acqua riempie i polmoni di disperazione, cancellando per sempre un sogno di felicità che per sempre il mare terrà con se.
Quanti morti ancora dovremo contare nel nostro mare, prima che qualcuno si muova e si inizi in collaborazione dei paesi di frontiera: Tunisia, Marocco, Libia ed altri, a comunicare con tutti i mezzi, radio, tv, internet che questo non è il paradiso, e che rischiare la vita per vivere in miseria proprio non ne vale la vita. Quanto ci vorrà perché i nostri mezzi di comunicazione pubblicizzino il pericolo di questi viaggi e diffondano il messaggio nelle lingue di queste popolazioni? Quanto ci vorrà affinché si creino flussi migratori assistiti dai paesi UE in modo che si spiazzino i trafficanti di sogni e si interrompa questa assurda corsa verso la morte?
Perché non si prende atto che la nuova operazione Triton è un fallimento sotto tutti i punti di vista a differenza della vecchia “mare nostrum” che aveva dato risultati più che soddisfacenti con un numero di morti in mare nettamente inferiore ad oggi?

Ecco perché non voglio sentirmi io, la mia società, un punto di arrivo perché far credere di esserlo costa ogni giorno delle vite umane.

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