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giovedì 20 settembre 2012

Olivetti: quando noi italiani contavamo qualcosa, Olivetti Programma 101

Martedì scorso, 18 Settembre, ho scritto un post sulla qualità che porta al successo, nello specifico la storia della Apple come esempio di come i sogni possono portare grandi risultati economici e quindi  utili.

Oggi vorrei vi concentraste su questo filmato e sul testo, perchè parlano di un meravigliosa sogno, questa volta italiano che ha totalmente precorso i tempi, peccato che queste persone fossero in Italia

Era il lontano 1965... la vera invenzione del PC

 

 PROGRAMMA 101 – Memory of the Future 

di Alessandro Bernard and Paolo Ceretto.


 
 Guarda sito originale

Durante la più importante fiera tecnologica mondiale dell’epoca, a New York, l’azienda Italiana Olivetti espone in bella vista i suoi nuovi modelli di calcolatrici meccaniche mentre relega in un angolo seminascosto un nuovo prodotto tanto avvenieristico quanto sottovalutato: la Programma 101, il primo personal computer della storia. Sarà un successo clamoroso. Lo stand è preso d’assalto. Curiosi e addetti ai lavori formano file interminabili e obbligano gli organizzatori a disporre un apposito servizio d’ordine per regolare le entrate.
Questo evento è il culmine dell’incredibile storia dell’invenzione del primo Personal Computer, un piccolo calcolatore progettato e costruito in semiclandestinità da alcuni pionieri della ricerca in campo informatico.
La storia comincia nel 1963 quando Piergiorgio Perotto, Giovanni Desandre e Gastone Garziera, tre progettisti dell’ Olivetti, cominciano a maturare un sogno che sfida e sovverte le regole del progresso tecnologico del loro tempo. Isolati in uno stanzino dai vetri oscurati e completamente dimenticati dal resto dell’azienda impegnata a costruire calcolatrici meccaniche, cominciano indisturbati a progettare il loro calcolatore.
“ Lavorare a un computer personale in quegli anni era impensabile – ci spiega De Sandre – la gente non ci capiva, eravamo visti come alieni e i vertici della nostra azienda erano totalmente disinteressati alla nostra attività”.
Nei primi anni 60, parlare di informatica voleva dire parlare di enormi calcolatori che per la maggior parte della società mondiale erano pura fantascienza. Nel 1963 l’ultimo ritrovato in campo informatico era DEC PDP-1 un computer tecnologicamente avanzatissimo, ma che occupava un intera parete, costava 100.000 dollari ed era utilizzato solamente in pochissimi laboratori specializzati. Un gruppo di giovani studenti del MIT Massachussetts Institute of Technology, per poterlo utilizzare devono forzare di nascosto le porte dell’unico laboratorio dello stato che ne possiede uno, (in questa occasione per la prima volta verrà coniato il termine hackers), mentre a Londra, in un inchiesta televisiva del 1964, sentiamo i passanti parlare del computer come di un oggetto minaccioso, “ ho paura “, dice uno di loro, “ il mondo dei computer sostituirà l’umanità ”.
E mentre il mondo sogna e teme l’oggetto del futuro, in quel piccolo laboratorio dai vetri oscurati, vediamo la P101 materialmente ricostruirsi di fronte ai nostri occhi. Garziera e De Sandre, dai vecchi laboratori Olivetti, ci raccontano il percorso che ha portato a costruire il primo computer pensato per tutti; “In quegli anni non andavi al supermercato a comprare tecnologie elettronica, bisognava inventarsi tutto”. I due progettisti ci raccontano come idearono una piccola memoria con un filo di ferro, una cartolina magnetica portatile antenata del floppy disk, l’ingresso e l’uscita dei dati, il sistema operativo e i programmi. Come, passo dopo passo, riuscirono a costruire un piccolo computer che non fosse un prototipo per pochi, ma un prodotto pensato per una produzione su vasta scala e facile da usare.
Nel giro di un paio d’anni l’idea prende forma e nel 1965 la P101 è pronta. Viene presentata ai vertici dell’azienda che non capiscono la portata innovativa del prodotto e lo accolgono con disinteresse: “se le grandi americane, L’IBM e i sette nani – come venivano chiamate ai tempi – non hanno costruito niente di simile, vuol dire che è un prodotto senza futuro”, sarà la fredda considerazione dell’amministratore delegato. Ma dopo un breve periodo di indecisione, all’ultimo decidono di portarla comunque alla fiera di New York dove, contro tutte le aspettative, verrà consacrata dai giornali con quella frase che qualche anno dopo avrebbe fatto il successo di un tale Bill Gates: “A personal computer in every desktop”
E la P101 sfonda, prima a New York, poi nel resto del mondo. Appaiono le prime immagini del lento approccio della società con il mondo dei computer. Dagli archivi Olivetti, vediamo la P101 entrare nelle scuole italiane, bambini che si avvicinano e giocano con un prodotto che è il seme del loro futuro, prendono dimistichezza, si informano, effettuano calcoli e sfidano il piccolo computer ai dadi. “Non pensavamo che un computer potesse essere così piccolo e facile da usare”, ci dice uno di loro. Dall’altra parte dell’oceano intanto, negli spot pubblicitari delle tv americane, vediamo il primo personal entrare nelle case, negli uffici, e addirittura nel bagagliaio di una Cadilac. All’ombra della Tour Eiffel un tassista ci dice che utilizzare la 101 “est très facile”.
Per la prima volta il computer non è più un oggetto minaccioso e inaccessibile.
Ma i colossi americani non restarono di certo a guardare. IL 10 giugno 1967 La Hewlett Packard versa 900.000 dollari all’Olivetti, implicitamente riconoscendo di aver violato il brevetto della Programma 101 con il suo modello HP 9100. “A me e Perotto – ci spiega De Sandre – venne versato un dollaro simbolico, come inventori del primo personal computer” Il resto della storia, la conosciamo già tutti…

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