Domenico Gioia |
Una delle parole più usate, inflazionate, iper diffuse è
“cambiamento”. Ne sentiamo parlare ovunque, nelle piazze, nelle scuole, nei
negozi, persino nei bar di periferia:
-“Ah… se le cose non cambiano…” “Ormai è ora di cambiare”.
Ma di fatto, cosa dobbiamo cambiare e perché? Chi, cosa, ha deciso che
le cose devono cambiare, e perché poi
devono cambiare? Il messaggio che i media cercano di far passare è quello del
cambiamento a tutti i costi, per troppo tempo, noi che studiamo, la società, la
sua evoluzione, ci stiamo chiedendo cosa poi veramente è giusto che cambi. Il
“challenge” è questo. E’ come se la società cercasse di arrestare, rallentare
il cambiamento, e chi dirige, comanda, cioè chi ha in mano il timone ci
ammonisse di cambiare, di affrettarci verso il cambiamento.” Il mondo cambia,
dai muovetevi”… Il problema, cari signori è che quello che vi sto raccontando è
vero, verissimo, solo che c’è solo un piccolissimo particolare, è la società,
che sollecita chi dirige a cambiare, c’è una massa che ha capito, cos’è il
cambiamento, come avviene, e non intende aspettare oltre. Ogni minuto, anzi
secondo perso ad aspettare vanno perse centinaia, migliaia di occasioni di
lavoro, di sinergia, di collaborazione.
Carmen Colibazzi per Urliamo! |
Si bruciano milioni di dollari e di
Euro, in attesa che la classe politica addormentata, assonnata, assopita,
recepisca il messaggio, prenda delle decisioni, ma poi alla fine c’è chi prende
le decisioni e attiva le sue strategie, lasciando indietro, la deriva della
politica, della pseudo economia. Il sistema, arrancando, barcollando, come un
ubriacone, in preda alla sua ennesima sbornia tenta di inseguire, inciampa e le
borse cadono migliaia di risparmiatori, perdono i loro risparmi, le loro certezze,
attenti, perché per loro quei soldi erano una certezza, un’assicurazione di
futuro tranquillo, dopo tanti anni di sacrifici.
Ma il mondo finanziario, la vera economia, quella che non si studia
sui libri, quella che fa realmente incontrare domanda ed offerta, decide, anzi
ha deciso che il futuro del Sig. Bianchi non deve esistere, che i suoi risparmi
non ci saranno, che saranno inglobati, fagocitati da questo orrendo mostro che
si chiama crisi.
L’abbiamo fatto il nome, l’abbiamo detta questa parola che fa paura a
tutti “crisi”.
Che bello, poter trovare sempre un termine che possa giustificare le
proprie azioni, in tutta Europa si sta tentando, di smantellare lo stato
sociale, difficilmente e con grande sacrificio costruito, per lasciare il posto
ad uno stato che agisce solo con il principio di sussidiarietà per tutto ciò
che è sociale, condivisibile.
Con la scusa che tutto quello che è sociale è un costo, non solo
inutile ma anche pericoloso e li la crisi è pronta a ricordarcelo, si smantella
una delle più grandi conquiste sociali che l’epoca nostra e dei nostri genitori
sia mai stata costruita.
Monica Cordiviola per Urliamo |
Botta dopo botta, colpo dopo colpo il sistema abbatte con la scure del
terrore della povertà uno dei pilastri della società. Un sistema basato non sul
privilegio ma sul poter assistere chi non ha i mezzi, o chi ne ha pochi e
vorrebbe rimettersi in piedi.
Qui però è mancato lo Stato che avrebbe dovuto vigilare sui finti “bisognosi”,
su coloro che per anni hanno ricoperto posti pubblici senza svolgere il loro
lavoro, difesi dai sindacati. Queste persone oggi sono altrettanto colpevoli
del degrado, quanto il sistema di potere che cerca di smantellarlo.
Con la scusa del cambiamento, di una ipotetica ripresa si taglia indiscretamente
una fetta di benessere dei cittadini più poveri, che sono continuamente
chiamati a intervenire per sanare gli errori altrui.
E’ una guerra e come tutte le guerre, vengono sacrificati i figli di
chi non ha colpe. Masse di giovani oggi vengono immolati in modo diverso dal
passato non mandandoli verso la morte, ma non facendoli vivere, non dando loro
un futuro, costretti a vivere come in guerra senza sapere cosa sarà il domani.
I nostri genitori, nonni hanno vissuto sulla loro pelle la guerra, la
distruzione, in nome del nulla, oggi è il nulla la vera guerra da vincere. I
giovani sono costretti in gabbie consumistiche dove gli status simbol
tecnologici hanno sostituito le bombe. I rapporti massificati dei social networks,
dai quali non ci si può separare, pieni ormai di frasi fatte e stereotipi,
impediscono il ragionamento la creatività; l’assenza dell a famiglia, dell’autorità scolastica
completano lo schema. I giovani così sono in balia di se stessi di falsi miti,
di riferimenti totalmente inconsistenti. E’ come se qualcuno avesse messo il
pilota automatico della società impostando la navigazione verso il nulla. E
quando il parametro è il nulla è facile riempire la mente con dati inutili ed
inesistenti.
Emma scialpi per Urliamo |
Ecco che in questo drammatico scenario l’uomo di marketing della
nostra era, deve paradossalmente diventare portatore di nuove teorie, scoprire
e far scoprire che esistono i sentimenti, che vale la pena vivere sentire,
accorgersi di essere. Il vero uomo di marketing che sa come muovere “onestamente”
le leve deve lui per primo ribellarsi e iniziare a liberare le strade del
pensiero dalle incrostazioni, dalle erbacce e detriti mentali che ne
impediscono l’ingresso. Perché il professionista di marketing e non altri? Facile
l’uomo di marketing, conosce le scorciatoie, come reagiscono i consumatori, gli
utenti, che io chiamerei le persone, sa dove andare a stimolare.
Questo potrebbe essere il modo di chiedere perdono, per rimediare in
parte del danno creato in questi anni di propaganda di bassa lega, dove abbiamo
fatto ingurgitare di tutto a bambini famiglie, in nome di un benessere inutile,
futile. Io primo mi metto a disposizione di questo cambiamento, di questo nuovo
modo di pensare più social, dove i prodotti prima devono avere un’utilità vera,
reale per il consumatore e dove i cambi di modelli tanto repentini quanto
inutili tanto cari alle aziende automobilistiche, alle fabbriche di telefonini,
di computer, per intenderci devono essere
rifiutati dal sistema. Questo modo di agire oltre che sprecare ricchezze, fa
sostituire apparecchi ancora validissimi che potrebbero svolgere il loro
compito egregiamente, aumentando l’impatto ambientale e lo spreco. Vi siete mai
chiesti cosa si sarebbe potuto fare con quel denaro?
Pensare che si possa continuare ad insozzare il pianeta con gli scarti
di questo consumismo ormai non solo inutile, ma anche fastidioso, senza sosta,
mi irrita e nello stesso tempo mi indigna.
Le aziende della “nuova era”, devono convincersi che un buon marketing
può fare il loro successo, la differenza. L’importante è capire che i tempi
sono cambiati, gli interlocutori maturi, gli spazi di manovra ristretti. E’ da
questo ambiente che nasceranno le nuove idee, i giovani dovranno imparare a
chiedersi i perché. Senza un perché la strategia è vana, tutto il lavoro è
vano, è come navigare senza rotta in un mare che minaccia tempesta.
Tania Bini |
A voi giovani mi appello affinché vi ribelliate a questo mondo, a
questo stato di cose. Non fatevi comprare con l’ultimo I-phone, dall’ultimo
I-pad, tra neanche tre mesi saranno superati da un nuovo modello. La vostra
protesta deve alzarsi utilizzando, come dei virus, le sovrastrutture dell’organismo
che vogliamo modificare. Inseriremo nel circuito le nuove idee e le
diffonderemo, dovremo segnalare continuamente urlando, la pericolosità di
questo momento che stiamo vivendo.
Lo dobbiamo fare, perché siamo in debito con tante persone,
innanzitutto i nostri figli e i giovani che aspettano da noi un segnale, non
possiamo chiedere loro di scrollarsi di dosso l’immondizia del sistema e poi
noi comportarci in modo ultra prevedibile, convenzionale.
E’ ora di darsi da fare, rimbocchiamoci le maniche.
Nessun commento:
Posta un commento