Il “Valore di un’attesa”
Perché la povertà è un
valore e il domani ha un significato
Questo scritto,
ovviamente, come prevedibile non verrà mai pubblicato da nessuno, ma poco mi
importa, visto che quotidianamente scrivo pagine e pagine a cui ma nessuno invierà
un commento, oppure riceverò al massimo un semplice e stucchevole mi piace su
Facebook.
In questa vigilia di
natale, fredda, un po’ assonnata cercando di tenermi a debita distanza dalle
zone a rischio, quali il centro ed i famosi quanto famigerati centri
commerciali, nel sorseggiare un caffè mi capita in mano una copia del Corriere
della sera, lo apro, guardo, sfoglio le solite notizie sull’economia in
frantumi, poi in basso, sempre in prima pagina, leggo il richiamo ad un articolo
di Paolo Giordano, intitolato: ”Riscoprire il valore dell’attesa” mi aspetto
uno scritto sui valori, non del Natale, ma su dei valori che mi lascino, mi
incoraggino a proseguire la mia vita resa impossibile quanto assurda dalle
avversità.
Leggo e vedo che
fondamentalmente in quelle colonne non c’è scritto nulla, se non l’apprezzamento
per il dilatarsi del tempo, quando si è obbligati a fare file infinite, quanto
inutili per arrivare al centro per cambiare un regalo e comprare il salmone.
Rileggo, con maggiore
attenzione, forse mi è sfuggito qualcosa, maledetti bar, dove c’è sempre
qualcuno che fa confusione, che parla in continuazione, no niente, non c’è
niente che mi faccia pensare ad un valore.
Non voglio dire che mi
aspettavo qualcosa, ormai sbiadito ed assurdo, sul valore del natale a cui non
credono neanche più i bambini, ma magari al rimando che forse questo potrebbe
essere un Natale un po’ diverso, magari un po’ meno consumista e forse un po’
più altruista, almeno per un istante.
Niente, mi convinco
sempre più che ci sono modi di vivere un’attesa in maniera diversa, quella di chi
è intriso di consumismo sino alle orecchie e di chi cerca nell’attesa un
cambiamento, un segnale, che possa aiutare a proseguire, che aiuti a
immaginare, sperare, che domani qualcosa cambierà, non radicalmente, ma almeno
un po’.
Questa vigilia è per
molti un giorno come un altro, dove bisogna combattere per far quadrare i
conti, dove bisogna far capire ai figli il perché accadono certe cose, non come
non poter fare i regali perché non ci sono i soldi, ma come riuscire a fare la
spesa con quel poco che si ha e raccontare loro che forse questo sarà l’ultimo,
quello dei sacrifici e domani magari, sempre lottando, riuscire a vedere uno
spiraglio di sole.
Questa per me e per
tanti come me è la vera attesa, dove c’è la speranza, dove c’è la passione dei
propri gesti.
Non possiamo
permetterci una vita senza valori, una vita intrisa di futilità e consumismo,
ma dobbiamo credere nelle nostre forze, nelle nostre capacità e continuare a
lottare nella speranza che qualcosa cambi, in barba ai regali, ai salmoni vari,
alla ricerca della serenità a cui questa società ci ha violentemente abituato a
rinunciare.
Il pensiero corre
verso quelle persone che vedo uscire al mattino presto dalle auto in Via
Salaria, dopo una notte passata al freddo, perché non hanno una casa in cui
dormire con i loro figli, e ce ne sono tanti. Mi chiedo, ma cosa sta
succedendo, è questa la nostra civiltà? E’ questo a cui il benessere ci ha
abituato?
Sono sempre stato
della convinzione che quando in strada c’è qualcuno che chiede l’elemosina vuol
dire che li, tutti noi e la nostra società, abbiamo fallito.
E’ questo che fa e
deve fare la differenza, non i regali e la cenetta, dove tutti elegantini ci
facciamo i regali, che dimenticheremo il giorno dopo chissà dove, ma la consapevolezza
che l’attesa è vana se dopo c’è il nulla.
Guardo la gente
correre per gli ultimi acquisti, li vedo ansimare dietro le file con quel
ghigno rabbioso di chi non ha tempo e guardo poco lontano la donnina al freddo
senza mani in Via Nazionale che sta li per pochi spicci, che come al solito mi
sorride e mi dice come stai? Dai che domani sarà migliore, lei a me!
E’ questo il vero
valore dell’attesa, quello che ti da la forza per arrivare a domani, che ti fa
vedere il futuro non come un incubo, ma come un sogno tiepido, caldo, dove
potrai finalmente mostrare le tue doti e convincerti che dopo tutto quello che
è accaduto non è successo invano.
Domenico Gioia
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