Dal Caos all'ordine
Cosa volete mi interessi sapere della cronaca con cui i tg nazionali ci riempiono.
Cerco con fare nevrotico i canali dove si parla della Biennale dell’Arte, sai quella cosa… dove sono esposte molte opere di artisti, ai più sconosciuti, che nell’immaginario collettivo suscitano ilarità, a volte aiutata, poi non così inconsapevolmente, da film del tipo “vacanze intelligenti” di Alberto Sordi.
Cerco le notizie, perché vorrei sapere se la mia sensazione è condivisa, da altri, da quelli che ho incontrato durante i i miei giorni di visita, ai giardini, all’arsenale.
Devo riconoscere che con questo tema, “Fare mondi”, il curatore Birnbaum, ha voluto riportare l’artista al centro dell’evento, sganciandolo completamente dalla critica d’arte blasonata. Il risultato è una molteplicità di linguaggi ed espressioni che convivono tra loro, apparentemente in forma dissonante, la chiave di lettura deve essere ancora approfondita, occorre allontanarsi dalla logica della mera osservazione che rischia di portare fuori strada.
La Biennale stessa grazie a Birnbaum diventa un’opera a sua volta in cui il pubblico partecipa, anzi ne è l’elemento essenziale. A differenza delle vecchie espressioni artistiche dove l’artista richiedeva l’apporto del pubblico, in questo caso, questa fase sperimentale risulta essere totalmente metabolizzata, superata dagli artisti che già prevedono la partecipazione, non richiesta ma inconsciamente concessa. Il gioco, divento l’elemento cardine, il filo rosso che unisce le varie opere. Tematica apparentemente non richiesta ma come di solito succede presente in quasi tutte le opere, come se gli artisti, anche a distanza di migliaia di chilometri avessero un qualcosa che permette loro di mettersi in contatto. Non notare questo aspetto nasconderebbe una chiave di lettura che permette di apprezzare le opere in maniera più completa. Non è facile riuscire a riconoscere il senso dell’arte in questo magma umano di persone, ognuno un personaggio che cerca di voler significare qualcosa. Non c’è voglia di travestirsi, ma voglia di libertà, voglia di essere se stessi. Il pubblico così diviene l’opera e si specchia in se stesso e nelle opere.
La critica che ho avuto modo di leggere commenta, confronta questa edizione con le precedenti, ma ho paura che prima dell’analisi asettica regni il preconcetto, che è il nemico fondamentale della lettura di un’opera d’arte. “Avrei fatto diversamente?”.
No non ditemi che avreste fatto diversamente, aiutatemi a capire concretamente, cosa accade, qui in questi spazi immensi.
Gli artisti hanno, come era prevedibile, superato la critica permettendo all’uomo qualunque di avvicinarsi all’arte di capirla, di avere una chiave di lettura più vicina alle sue esigenze. Non una chiave di lettura “letteraria” ma un gigantesco percorso didattico tra realtà e creatività. La possibilità di entrare nel colore, nel design, sino a capirne la reale fruizione e avviare un percorso di riposizionamento, mettendo ben a posto le cose.
Questo caos, che è origine di vita, mi permette di avvicinarmi toccare opere apparentemente insignificanti. No non bisogna fermarsi alla superficie, guardo e capisco l’impegno profuso da ognuno, dove è conscio che qui è in gioco il futuro di ogni artista.
Questo apparente caos, è lontano dalla Babele, la supera e apre lo sguardo su un mondo in equilibrio perfetto, come se si trattasse di una biosfera che si auto regola ed è in grado di sopravvivere nonostante le mutazioni. Non già disordine, ma ordine rigoroso qui regnano sovrani. Le influenze e le tensioni esterne hanno fatto crescere, temprato questo organismo ora pronto ad affrontare il viaggio. Ora l'arte è in grado di confrontarsi perché è in grado di rivendicare la sua reale forza finalmente sganciata dagli elementi esterni che ripetutamente hanno tentato di ingabbiarla.
Il mio riferimento nei confronti del sistema dell'arte è voluto, non casuale; per troppo tempo gli artisti sono stati in ostaggio di scelte e logiche preordinate.
Oggi tutto questo è saltato, l'artista si presenta come vuole essere, libero di esprimersi con il linguaggio che vuole ed in grado in questo ambito di rivendicare il suo mondo, il suo modo d'essere.
Anche il padiglione Italia curato dai critici Beatrice/Buscaroli, ha questo respiro, gli artisti hanno lavorato duramente, messi alla prova dalla tematica “recuperare nel presente la vitalità del movimento”. Non c’è dissonanza tra questa tematica e quella di “Fare mondi”, come qualcuno ha asserito, ipotizzando una retrocessione dell’arte italiana in serie C.
C’è invece la volontà di emergere e portare l’arte italiana a livello internazionale, quello che le compete.
Luca Beatrice,che ha più volte segnalato, ed in tempi non sospetti, l’assenza Italiana dalle scene internazionali, ritengo abbia volutamente realizzare un’operazione dai tratti globali, e l’operazione gli è riuscita.
Anche questo di “Collaudi” è un mondo e l’arte italiana ne deve far parte sino in fondo, evidenziando quelli che sono i nostri punti di forza, non solo sempre e solo declinati in un confronto con il passato, ma orientati finalmente verso una visione dell’attualità della proposta artistica italiana.
Allora mi domando, ma gli artisti sono riusciti nel loro intento?
Sono riusciti, o almeno, riusciranno a riappropriarsi del terreno a loro congeniale, quello del rapporto diretto con il pubblico?
Guardando le opere esposte ritengo che ce l’hanno messa tutta, con i loro giochi, i loro colori, e la capacità del curatore, quella di far entrare sempre di più l’arte nel quotidiano come l’istallazione di Tobias Rehberger, che ha vinto il Leone d’oro come migliore artista, realizzando una caffetteria.
Qui l’apporto inconscio del pubblico è confermato al cento per cento. Quale caffetteria sarebbe tale senza avventori?
Così con la stessa chiave di lettura devono essere lette gran parte delle opere degli artisti presenti, non più una biennale a immagine della critica, non più ad immagine dello spettatore, ma fortemente concentrata sull’artista, unico, caotico ma vero protagonista.
Non è forse un po’ anche questo lo spirito di urliamo?
Domenico Gioia 7 Giugno 2009
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