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giovedì 7 giugno 2012

L'eccellenza creativa


Il potere della visione

Tanti anni fa, quando ero appena un ragazzo alle prese con la promozione delle vendite di un’azienda operante nel settore lattiero caseario, durante una visita ad un cliente nella zona centrale di Pesaro, mi imbattei in un libro esposto in una vetrina di una libreria. Oggi so che quel libro cambiò la mia vita, sino a condurmi alle esperienze più importanti che hanno fortemente segnato la mia carriera di ideatore di strategie aziendali.

Mi ricordo che era estate, un ricordo nitidissimo, come se fosse ora, una giornata in cui dovevo sviluppare le vendite presso dei punti vendita, cosa che mi riusciva solitamente molto facile. Fu mentre mi recavo al lavoro che vidi in una vetrina un libro che si intitolava “Creating excellence”, entrai e lo comprai, stranamente, perché non aveva nulla a che fare con la mia attività di quel periodo, era l’estate del 1984; da quel momento confesso la mia vita non fu più la stessa.
Il libro lo tengo qui con me, come se fosse il testimone della mia esistenza, pensate che l’ho visto citato tra le pubblicazioni interessanti ed indispensabili alla formazione manageriale in un sito di marketing, pochi giorni fa.
In questo libro sono elencati una serie di cose essenziali che bisogna fare per raggiungere l’eccellenza, uno fra questi, quello che mi entusiasmò più degli altri, fu quello della “visione” e da come uscire da situazioni di crisi grazie alla creatività.
Tema attualissimo ai giorni nostri.
La lettura sincopata del libro, accompagnata ad una vorace azione di sottolineatura dei punti espressi nel testo che avrebbe fatto sicuramente inorridire gli studiosi “perbenisti” come Philippe Daverio che più di una volta ha affermato di detestare quelli che sottolineano i libri, mi portarono ad evidenziare in modo radicale quale fosse la mia tendenza ad approcciare i problemi ed avviarne la soluzione.
Devo confessare che nella mia carriera, ho sempre convissuto con situazioni di crisi, tanto che queste non mi hanno mai preoccupato, anzi mi hanno stimolato in maniera incredibile. Rammento che più leggevo il libro, più mi accorgevo che la mia forma mentis era tarata sugli esempi che erano riportati nel testo.
Un libro può essere la tua ispirazione, ma anche la tua dannazione; quanto sarebbe stato meglio se fossi rimasto un semplice ragioniere attaccato ai suoi conti ed alla sua vita tranquilla.
Oggi, mi rendo conto che quel testo è stato l’apripista di una serie di studi più stimolanti e impegnativi ed ho capito andando avanti che esistono una serie di menti che vagano nell’oblio della visione, ma soprattutto oggi sono cosciente di una cosa che avevo sottovalutato all’epoca e cioè che il libro era stato scritto negli Stati Uniti e che tra quella nazione e l’Italia intercorrevano ed intercorrono ancora adesso come atteggiamento all’approccio delle problematiche, oltre 40 anni di ritardo.
Confesso che mi accorsi di ciò, ma speravo che tali differenze e ritardi, si potessero colmare con il passare del tempo, ma ora, col senno di poi ho verificato che invece di diminuire gli anni di ritardo, questi sono inesorabilmente aumentati.
Sembra assurdo che la nostra nazione, patria della creatività, dove hanno operato grandi menti dell’arte e della filosofia, sia in mano a dei demagoghi cretini, ritardati, solo attenti a frenare l’evoluzione del pensiero anziché svilupparlo, incentivarlo.
Mi sono accorto che gente che vive costantemente a contatto con la visione, come me, viene vista da questi handicappati dal poteruncolo da esercitare, come sognatrice ed inconcludente.
Era il 1984, mi sembra ora, era l’anno in cui a nostra, soprattutto mia, insaputa Apple lanciava il suo Macintosh, il computer che avrebbe cambiando il modo di pensare e di agire.






1984, Il titolo del romanzo in cui Orwell nel 1948 ipotizza con grandissimo potere di visione, quasi inumano, un mondo che sembra profeticamente quello attuale:


“Il potere è nelle mani di un partito unico, detto semplicemente il Partito, a sua volta diviso in Partito Interno (che comprende leader e amministratori) e Partito Esterno (formato da burocrati, impiegati e funzionari subalterni). I suoi occhi sono dei televisori-telecamere, installati per legge in ogni abitazione dei membri del Socing e che i membri del Partito Esterno non possono spegnere. Questi televisori-telecamere, presenti ovunque, oltre a diffondere propaganda 24 ore su 24, spiano la vita di chiunque.
Il Partito è Governato dal Ministero dell'Amore, la cui funzione è di controllare i cittadini e di convertire i dissidenti alla sua ideologia, ed è dotato di una polizia politica, la psicopolizia, che interviene in ogni situazione sospetta di eterodossia e di deviazionismo.
Al di sotto del partito unico stanno i Prolet, che non hanno alcun potere né privilegio, svolgono i lavori pesanti in cambio del minimo di sussistenza, ma hanno il vantaggio di non essere controllati se non in modo indiretto, tramite la tecnica del Panem et circenses.
Ovunque nella città sono appesi grandi manifesti che ritraggono il Grande Fratello, con la didascalia Il Grande Fratello ti guarda, e gli slogan del partito: «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l'ignoranza è forza»”.
Soprattutto l’ultima frase, L’ignoranza è forza, mi sembra la più attuale e realistica ed emblematica, del nostro tempo.
Ma allora che cosa è successo da quel 1984?
Cari amici, è successo di tutto, ma soprattutto la mia testa ha continuato a frullare vorticosamente e questo è peggiorato quando casualmente ho incontrato la persona che avrebbe poi cambiato la mia vita radicalmente diventando poi la mia compagna.: Tania.
Devo ricordare a quelli che non la conoscono, che Tania è una bravissima creativa, di grande sensibilità, capace di intercettare un talento artistico, apparentemente con uno sguardo superficiale delle sue opere.
Tania, dicevo, mi ha aiutato con grande pazienza a spostare l’attenzione di tipo ragioneristico delle problematiche a quella più completa che si sviluppa nel campo artistico.
Ho così completato la mia formazione passando alla creatività di Hickman e Silva dell’Organizzazione eccellente, attraverso tutta una serie di studi, sino ad approdare a quella di Bruno Munari, cioè un percorso che è partito dalla creatività americana, stile Macintosh, a quella di Bruno Munari e degli artisti contemporanei.
Unendo i nostri sforzi abbiamo creato centinaia di operazioni artistiche, che ricordo come momenti unici e pieni di conoscenze interessantissime, a parte i “bivacchi” di alcuni personaggi senza scrupoli che è meglio dimenticare.
Tali esperienze, hanno permesso, di arricchirci intellettualmente a vicenda sino ad arrivare a dei lavori che proprio oggi guardando il web mi paiono fortemente anticipatori di certe tendenze.
Ma come dicevo, questa nazione non è l’America e tutto si dimentica con molta, troppa facilità.
Chi vive nel futuro viene abbandonato a se stesso dal sistema, perché non omologato.
Progetti innovativi cedono il passo a mediocri fotocopie di pseudo manager mezze maniche affezionati ai déjà vu.
E’ così che progettisti capaci devono cedere il passo a veri incapaci raccomandati, è questo l’attimo in cui solitamente, l’idea nata da un’analisi creativa soccombe davanti ai calcoli ragioneristici dei business plan.
E’ qui che gli uomini bilancio, riescono a dare il meglio di loro stessi.
Sembra che abbiano come unico obiettivo, non quello di trasformare una buona idea in un business, ma di dimostrare che l’idea non esiste e che grazie a loro e alla loro bravura l’autore di un bluff è stato smascherato. Questi soggetti di solito in abito grigio e cravatta blu su camicia celestina, invece di analizzare l’idea nello specifico, godono nel dimostrare che l’idea, ovviamente non loro, non abbia una capacità di auto finanziamento, non sia quindi in grado, dopo il periodo di lancio, di camminare con le sue gambe. Sottovalutando l’intero progetto, che onestamente non credo siano nemmeno in grado di leggere, ritengono che un periodo di start up debba durare pochi mesi.
E’ come se si dicesse a una mamma che ha appena messo alla luce un bambino che appena dopo pochi mese quest’ultimo debba diventare remunerativo per la società.
Questi signori dalla lungimiranza prossima a quella di una talpa fuori dai cunicoli, così facendo dimostrano solo quanto l’arretratezza mentale, l’ignoranza, accompagnate da una immancabile quanto provvidenziale dose di incapacità nel distinguere, una buona idea da una cattiva, sono in grado di annullare e far morire sul nascere una buona intuizione.
Voi giustamente vi chiederete, ma come fai a ritenere che la tua idea è giusta?
L’osservazione è corretta e fornirò la risposta: semplicissimo, mi accorgo studiando ed osservando che quell’idea, intuizione è stata realizzata da qualcun’altro e guarda caso con successo e con costi nettamente superiori a quanto avevamo preventivato.
Quindi, oltre allo stress, causato dal vedere una tua intuizione realizzata da altri, entri in depressione, perché ti accorgi che le persone con cui dialoghi sono incapaci di accorgersi del lavoro prodotto; è come far leggere la Divina Commedia ad un analfabeta, che al massimo potrà usare lo scritto per incartare il pesce.
La cosa più complessa in questa situazione, credetemi, è convincere le persone, tra cui quelle che sono a noi più vicine, che tutti questi sacrifici, sofferenze, hanno una ragione d’essere.
La società, i falsi modelli ci insegnano, o tentano di convincerci che i modelli vincenti sono altri, quindi qualsiasi cosa faremo, convinceremo sempre di più queste persone che siamo dei perdenti, che le nostre idee sono sbagliate, inopportune, superate.
Ma ecco che nel mondo paradossalmente tutto si aggiusta, anche contro la volontà dei più acerrimi oppositori della creatività.
Sono loro stessi che con la loro avidità sempre crescente non si accorgono che si sono scavati la fossa da soli e sono quindi questi figuri, che a loro totale insaputa, diventano i principali artefici del cambiamento.
Manzoni la chiamava “la provvidenza”, anche Adam Smith con la sua “mano invisibile” si è avvicinato al concetto.
Sembra esserci qualcosa, qualcuno che inevitabilmente regola le cose e alla fine posiziona tutto al posto giusto.
Così l’ingordigia genera un mostro, la speculazione senza controllo, che porta alla crisi, ad una crisi senza precedenti.
Tutto quello che sembrava indiscutibilmente corretto, crolla, come sotto le scosse di un terremoto; crollano le costruzioni ritenute indistruttibili, così sotto le scosse del cambiamento crollano le così dette economie destinate a durare in eterno.
A nulla servono gli argini tardivamente eretti dai cosiddetti esperti, che io chiamo esperti del nulla.
Il vento del cambiamento arriva forte e spacca, squassa, modifica lasciando in piedi le idee, le vere idee, basate sulla cultura quella vera, quella destinata a rimanere, quella dei contenuti veri.
Questo è il vero senso con cui dobbiamo interpretare la profezia dei Maya, il cambio di polarità ci sarà e sarà la fine di un mondo, che lascerà campo ad un mondo completamente diverso da come lo conosciamo. Sarà un’inversione di polarità culturale, dove i vecchi parrucconi lasceranno il passo ai creativi veri.
Allora mi chiedo: se potessi tornare nel 1984 comprerei nuovamente quel libro?
La risposta è si, come rifarei esattamente le stesse cose fatte, tranne lasciare spazio e prestare fiducia ed ascolto ai “bivaccattori” solo attenti a rubare in nome del loro tornaconto, i falsi profeti pieni di titoli e vuoti di contenuti, ma anche questo è servito per crescere e ci ha rafforzato.
Ricomprerei il libro e farei quello che ho fatto senza esitazione e voglio spronare i miei, i pochi che in questo momento di grandissima difficoltà mi sono rimasti accanto, dicendo loro di non mollare, perché abbiamo ragione noi.
Le nostri idee prevarranno contro le poche raffazzonate e flebili asserzioni, dei falsi critici d’arte, dei finti artisti, degli imprenditori presciolosi, con la sindrome da prestazione, che vogliono risultati dopo neanche qualche mese.
Le nostre idee prevarranno contro chi ci ha sfruttato, contro chi ci ha ingannato, perché la visione non è vero che è scambiata per superficialità, è vero invece che la visione fa paura a chi non ce l’ha.
Noi non dobbiamo fare altro che aspettare, continuando a guardare e progettare senza sosta.
Arriverà anche il nostro momento, non dubitate e sarà pieno di soddisfazioni.
Ora, in chiusura, cito un altro testo, questa volta di Giordano Bruno, il cui senso mi ha fortemente aiutato in questi ultimi anni che sono stati pieni di sacrifici e stenti:
. "Non è, non è impossibile, ben che sii difficile, questa impresa. La difficoltà è quella, ch'è ordinata a far star a dietro gli poltroni. Le cose ordinarie e facili son per il volgo ed ordinaria gente; gli uomini rari, eroichi e divini passano per questo camino de la difficoltà, a fine che sii costretta la necessità a concedergli la palma de la immortalità. Giungesi a questo che, quantunque non sia possibile arrivar al termine di guadagnar il palio, correte pure e fate il vostro sforzo in una cosa de sì fatta importanza, e resistete sin a l'ultimo spirto. Non sol chi vence vien lodato, ma anco chi non muore da codardo e poltrone: questo rigetta la colpa de la sua perdita e morte in dosso de la sorte, e mostra al mondo che non per suo difetto, ma per torto di fortuna è gionto a termine tale. Non solo è degno d'onore quell'uno c'ha meritato il palio, ma ancor quello e quell'altro c'ha sì ben corso, ch'è giudicato anco degno e sufficiente de l'aver meritato, benché non l'abbia vinto. E son vituperosi quelli, ch'al mezzo de la carriera, desperati si fermano, e non vanno, ancor che ultimi, a toccar il termine con quella lena e vigor che gli è possibile. Venca dunque la perseveranza, perché, se la fatica è tanta, il premio non sarà mediocre. Tutte cose preziose son poste nel difficile. Stretta e spinosa è la via de la beatitudine; gran cosa forse ne promette il cielo."
(Giordano Bruno, La cena delle ceneri, Dialogo II).

Domenico Gioia
Riproduzione autorizzata citando la fonte

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