Il
potere della visione
Tanti anni fa, quando
ero appena un ragazzo alle prese con la promozione delle vendite di un’azienda
operante nel settore lattiero caseario, durante una visita ad un cliente nella
zona centrale di Pesaro, mi imbattei in un libro esposto in una vetrina di una
libreria. Oggi so che quel libro cambiò la mia vita, sino a condurmi alle
esperienze più importanti che hanno fortemente segnato la mia carriera di ideatore
di strategie aziendali.
Mi ricordo che era estate,
un ricordo nitidissimo, come se fosse ora, una giornata in cui dovevo
sviluppare le vendite presso dei punti vendita, cosa che mi riusciva
solitamente molto facile. Fu mentre mi recavo al lavoro che vidi in una vetrina
un libro che si intitolava “Creating excellence”, entrai e lo comprai, stranamente,
perché non aveva nulla a che fare con la mia attività di quel periodo, era l’estate
del 1984; da quel momento confesso la mia vita non fu più la stessa.
Il libro lo tengo qui
con me, come se fosse il testimone della mia esistenza, pensate che l’ho visto
citato tra le pubblicazioni interessanti ed indispensabili alla formazione
manageriale in un sito di marketing, pochi giorni fa.
In questo libro sono
elencati una serie di cose essenziali che bisogna fare per raggiungere l’eccellenza,
uno fra questi, quello che mi entusiasmò più degli altri, fu quello della
“visione” e da come uscire da situazioni di crisi grazie alla creatività.
Tema attualissimo ai
giorni nostri.
La lettura sincopata
del libro, accompagnata ad una vorace azione di sottolineatura dei punti
espressi nel testo che avrebbe fatto sicuramente inorridire gli studiosi
“perbenisti” come Philippe Daverio che più di una volta ha affermato di
detestare quelli che sottolineano i libri, mi portarono ad evidenziare in modo
radicale quale fosse la mia tendenza ad approcciare i problemi ed avviarne la
soluzione.
Devo confessare che
nella mia carriera, ho sempre convissuto con situazioni di crisi, tanto che
queste non mi hanno mai preoccupato, anzi mi hanno stimolato in maniera
incredibile. Rammento che più leggevo il libro, più mi accorgevo che la mia forma
mentis era tarata sugli esempi che erano riportati nel testo.
Un libro può essere la
tua ispirazione, ma anche la tua dannazione; quanto sarebbe stato meglio se
fossi rimasto un semplice ragioniere attaccato ai suoi conti ed alla sua vita
tranquilla.
Oggi, mi rendo conto
che quel testo è stato l’apripista di una serie di studi più stimolanti e
impegnativi ed ho capito andando avanti che esistono una serie di menti che
vagano nell’oblio della visione, ma soprattutto oggi sono cosciente di una cosa
che avevo sottovalutato all’epoca e cioè che il libro era stato scritto negli
Stati Uniti e che tra quella nazione e l’Italia intercorrevano ed intercorrono
ancora adesso come atteggiamento all’approccio delle problematiche, oltre 40
anni di ritardo.
Confesso che mi accorsi
di ciò, ma speravo che tali differenze e ritardi, si potessero colmare con il
passare del tempo, ma ora, col senno di poi ho verificato che invece di
diminuire gli anni di ritardo, questi sono inesorabilmente aumentati.
Sembra assurdo che la nostra
nazione, patria della creatività, dove hanno operato grandi menti dell’arte e
della filosofia, sia in mano a dei demagoghi cretini, ritardati, solo attenti a
frenare l’evoluzione del pensiero anziché svilupparlo, incentivarlo.
Mi sono accorto che
gente che vive costantemente a contatto con la visione, come me, viene vista da
questi handicappati dal poteruncolo da esercitare, come sognatrice ed
inconcludente.
Era il 1984, mi sembra
ora, era l’anno in cui a nostra, soprattutto mia, insaputa Apple lanciava il suo
Macintosh, il computer che avrebbe cambiando il modo di pensare e di agire.
1984, Il titolo del
romanzo in cui Orwell nel 1948 ipotizza con grandissimo potere di visione,
quasi inumano, un mondo che sembra profeticamente quello attuale:
“Il potere è nelle
mani di un partito unico, detto semplicemente il Partito, a sua volta diviso in Partito Interno (che comprende leader e amministratori) e Partito Esterno (formato da
burocrati, impiegati e funzionari subalterni). I suoi occhi sono dei
televisori-telecamere, installati per legge in ogni abitazione dei membri del
Socing e che i membri del Partito Esterno non possono spegnere. Questi
televisori-telecamere, presenti ovunque, oltre a diffondere propaganda 24 ore
su 24, spiano la vita di chiunque.
Il Partito è Governato
dal Ministero dell'Amore, la cui funzione è di controllare i cittadini e di
convertire i dissidenti alla sua ideologia, ed è dotato di una polizia
politica, la psicopolizia, che interviene in ogni situazione
sospetta di eterodossia e di deviazionismo.
Al di sotto del
partito unico stanno i Prolet, che non hanno alcun potere né privilegio, svolgono i
lavori pesanti in cambio del minimo di sussistenza, ma hanno il vantaggio di
non essere controllati se non in modo indiretto, tramite la tecnica del Panem et circenses.
Ovunque nella città
sono appesi grandi manifesti che ritraggono il Grande Fratello, con la
didascalia Il Grande Fratello ti
guarda, e gli slogan del partito: «la
guerra è pace», «la libertà è
schiavitù», «l'ignoranza è
forza»”.
Soprattutto l’ultima
frase, L’ignoranza è forza, mi sembra
la più attuale e realistica ed emblematica, del nostro tempo.
Ma allora che cosa è
successo da quel 1984?
Cari amici, è successo di
tutto, ma soprattutto la mia testa ha continuato a frullare vorticosamente e
questo è peggiorato quando casualmente ho incontrato la persona che avrebbe poi
cambiato la mia vita radicalmente diventando poi la mia compagna.: Tania.
Devo ricordare a quelli
che non la conoscono, che Tania è una bravissima creativa, di grande sensibilità,
capace di intercettare un talento artistico, apparentemente con uno sguardo
superficiale delle sue opere.
Tania, dicevo, mi ha
aiutato con grande pazienza a spostare l’attenzione di tipo ragioneristico delle
problematiche a quella più completa che si sviluppa nel campo artistico.
Ho così completato la
mia formazione passando alla creatività di Hickman e Silva dell’Organizzazione
eccellente, attraverso tutta una serie di studi, sino ad approdare a quella di
Bruno Munari, cioè un percorso che è partito dalla creatività americana, stile
Macintosh, a quella di Bruno Munari e degli artisti contemporanei.
Unendo i nostri sforzi
abbiamo creato centinaia di operazioni artistiche, che ricordo come momenti
unici e pieni di conoscenze interessantissime, a parte i “bivacchi” di alcuni
personaggi senza scrupoli che è meglio dimenticare.
Tali esperienze, hanno
permesso, di arricchirci intellettualmente a vicenda sino ad arrivare a dei
lavori che proprio oggi guardando il web mi paiono fortemente anticipatori di
certe tendenze.
Ma come dicevo, questa
nazione non è l’America e tutto si dimentica con molta, troppa facilità.
Chi vive nel futuro
viene abbandonato a se stesso dal sistema, perché non omologato.
Progetti innovativi
cedono il passo a mediocri fotocopie di pseudo manager mezze maniche
affezionati ai déjà vu.
E’ così che progettisti
capaci devono cedere il passo a veri incapaci raccomandati, è questo l’attimo
in cui solitamente, l’idea nata da un’analisi creativa soccombe davanti ai
calcoli ragioneristici dei business plan.
E’ qui che gli uomini bilancio, riescono a dare il
meglio di loro stessi.
Sembra che abbiano come
unico obiettivo, non quello di trasformare una buona idea in un business, ma di
dimostrare che l’idea non esiste e che grazie a loro e alla loro bravura l’autore
di un bluff è stato smascherato. Questi soggetti di solito in abito grigio e
cravatta blu su camicia celestina, invece di analizzare l’idea nello specifico,
godono nel dimostrare che l’idea, ovviamente non loro, non abbia una capacità di
auto finanziamento, non sia quindi in grado, dopo il periodo di lancio, di
camminare con le sue gambe. Sottovalutando l’intero progetto, che onestamente
non credo siano nemmeno in grado di leggere, ritengono che un periodo di start
up debba durare pochi mesi.
E’ come se si dicesse a
una mamma che ha appena messo alla luce un bambino che appena dopo pochi mese
quest’ultimo debba diventare remunerativo per la società.
Questi signori dalla lungimiranza
prossima a quella di una talpa fuori dai cunicoli, così facendo dimostrano solo
quanto l’arretratezza mentale, l’ignoranza, accompagnate da una immancabile
quanto provvidenziale dose di incapacità nel distinguere, una buona idea da una
cattiva, sono in grado di annullare e far morire sul nascere una buona
intuizione.
Voi giustamente vi
chiederete, ma come fai a ritenere che la tua idea è giusta?
L’osservazione è
corretta e fornirò la risposta: semplicissimo, mi accorgo studiando ed
osservando che quell’idea, intuizione è stata realizzata da qualcun’altro e
guarda caso con successo e con costi nettamente superiori a quanto avevamo
preventivato.
Quindi, oltre allo
stress, causato dal vedere una tua intuizione realizzata da altri, entri in
depressione, perché ti accorgi che le persone con cui dialoghi sono incapaci di
accorgersi del lavoro prodotto; è come far leggere la Divina Commedia ad un
analfabeta, che al massimo potrà usare lo scritto per incartare il pesce.
La cosa più complessa
in questa situazione, credetemi, è convincere le persone, tra cui quelle che
sono a noi più vicine, che tutti questi sacrifici, sofferenze, hanno una
ragione d’essere.
La società, i falsi
modelli ci insegnano, o tentano di convincerci che i modelli vincenti sono
altri, quindi qualsiasi cosa faremo, convinceremo sempre di più queste persone
che siamo dei perdenti, che le nostre idee sono sbagliate, inopportune,
superate.
Ma ecco che nel mondo
paradossalmente tutto si aggiusta, anche contro la volontà dei più acerrimi
oppositori della creatività.
Sono loro stessi che
con la loro avidità sempre crescente non si accorgono che si sono scavati la
fossa da soli e sono quindi questi figuri, che a loro totale insaputa,
diventano i principali artefici del cambiamento.
Manzoni la chiamava “la
provvidenza”, anche Adam Smith con la sua “mano invisibile” si è avvicinato al
concetto.
Sembra esserci
qualcosa, qualcuno che inevitabilmente regola le cose e alla fine posiziona tutto
al posto giusto.
Così l’ingordigia
genera un mostro, la speculazione senza controllo, che porta alla crisi, ad una
crisi senza precedenti.
Tutto quello che
sembrava indiscutibilmente corretto, crolla, come sotto le scosse di un
terremoto; crollano le costruzioni ritenute indistruttibili, così sotto le
scosse del cambiamento crollano le così dette economie destinate a durare in
eterno.
A nulla servono gli
argini tardivamente eretti dai cosiddetti esperti, che io chiamo esperti del
nulla.
Il vento del
cambiamento arriva forte e spacca, squassa, modifica lasciando in piedi le idee,
le vere idee, basate sulla cultura quella vera, quella destinata a rimanere,
quella dei contenuti veri.
Questo è il vero senso con
cui dobbiamo interpretare la profezia dei Maya, il cambio di polarità ci sarà e
sarà la fine di un mondo, che lascerà campo ad un mondo completamente diverso
da come lo conosciamo. Sarà un’inversione di polarità culturale, dove i vecchi
parrucconi lasceranno il passo ai creativi veri.
Allora mi chiedo: se
potessi tornare nel 1984 comprerei nuovamente quel libro?
La risposta è si, come
rifarei esattamente le stesse cose fatte, tranne lasciare spazio e prestare
fiducia ed ascolto ai “bivaccattori” solo attenti a rubare in nome del loro
tornaconto, i falsi profeti pieni di titoli e vuoti di contenuti, ma anche
questo è servito per crescere e ci ha rafforzato.
Ricomprerei il libro e
farei quello che ho fatto senza esitazione e voglio spronare i miei, i pochi
che in questo momento di grandissima difficoltà mi sono rimasti accanto,
dicendo loro di non mollare, perché abbiamo ragione noi.
Le nostri idee
prevarranno contro le poche raffazzonate e flebili asserzioni, dei falsi critici
d’arte, dei finti artisti, degli imprenditori presciolosi, con la sindrome da
prestazione, che vogliono risultati dopo neanche qualche mese.
Le nostre idee
prevarranno contro chi ci ha sfruttato, contro chi ci ha ingannato, perché la
visione non è vero che è scambiata per superficialità, è vero invece che la
visione fa paura a chi non ce l’ha.
Noi non dobbiamo fare
altro che aspettare, continuando a guardare e progettare senza sosta.
Arriverà anche il
nostro momento, non dubitate e sarà pieno di soddisfazioni.
Ora, in chiusura, cito
un altro testo, questa volta di Giordano Bruno, il cui senso mi ha fortemente
aiutato in questi ultimi anni che sono stati pieni di sacrifici e stenti:
.
"Non è,
non è
impossibile, ben che sii difficile, questa impresa.
La difficoltà è quella, ch'è ordinata a far star a dietro gli poltroni. Le cose
ordinarie e facili son per il volgo ed ordinaria gente; gli uomini rari,
eroichi e divini passano per questo camino de la difficoltà, a fine che sii
costretta la necessità a concedergli la palma de la immortalità. Giungesi a
questo che, quantunque non sia possibile arrivar al termine di guadagnar il
palio, correte pure e fate il vostro sforzo in una cosa de sì fatta importanza,
e resistete sin a l'ultimo spirto. Non sol chi vence vien lodato, ma anco chi
non muore da codardo e poltrone: questo rigetta la colpa de la sua perdita e
morte in dosso de la sorte, e mostra al mondo che non per suo difetto, ma per
torto di fortuna è gionto a termine tale. Non solo è degno d'onore quell'uno
c'ha meritato il palio, ma ancor quello e quell'altro c'ha sì ben corso, ch'è
giudicato anco degno e sufficiente de l'aver meritato, benché non l'abbia
vinto. E son vituperosi quelli, ch'al mezzo de la carriera, desperati si
fermano, e non vanno, ancor che ultimi, a toccar il termine con quella lena e
vigor che gli è possibile. Venca dunque la perseveranza, perché, se la fatica è
tanta, il premio non sarà mediocre. Tutte cose preziose son poste nel
difficile. Stretta e spinosa è la via de la beatitudine; gran cosa forse ne
promette il cielo."
(Giordano Bruno, La cena delle ceneri, Dialogo II).
Domenico Gioia
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