la scienza marcia e la menzogna globale: La manipolazione delle opinioni:
di http://scienzamarcia.blogspot.com Corrado
La manipolazione delle opinioni
Per questo scritto sono debitore all’ottimo lavoro del dottor Tim O’Shea che ho qui sintetizzato ed in parte rielaborato, aggiungendo alcune considerazioni personali, alcuni brani tratti da un articolo di “Le Monde diplomatique”, ed ulteriori informazioni desunte dai miei studi e le mie letture.
La manipolazione delle opinioni
La manipolazione delle opinioni
Sin dagli anni ’50 sono sorti gli istituti di “ricerca delle motivazioni”, finanziati dalle grandi catene di negozi, col compito di studiare il comportamento del “cittadino comune” e spingerlo, senza che se ne rendesse conto, all’acquisto dei vari prodotti.
Secondo la rivista Sales Management, “nel 1956, fabbricanti come Goodyear o General Motors hanno speso 12 milioni di dollari per finanziare questo tipo di ricerca [1]”.
Il risultato di tante ricerche sono i supermercati a cui ormai siamo tutti abituati, con un’enorme scelta di prodotti esposti su mille scaffali in un tripudio di colori e di forme. “Nelle drogherie che hanno commessi, gli acquisti impulsivi sono all’incirca la metà. In presenza di un venditore, il cliente riflette a ciò che gli serve davvero [2]”. È stato dimostrato, per mezzo di cineprese che registrano i battiti delle palpebre, che i clienti dei supermercati si trovano in uno stato vicino al primo stadio dell’ipnosi: in questo stato calano le resistenze razionali ed è più facile essere guidati dall’impulso di comprare.
Importantissima in questo contesto è ovviamente l’attenzione ai bambini. Come afferma candidamente uno degli esperti del settore Clyde Miller [3]: “Certo ci vuole tempo ma, se volete restare in affari abbastanza a lungo, pensate a ciò che può significare in termini di profitti per la vostra azienda riuscire a condizionare un milione o dieci milioni di bambini che diventeranno adulti ammaestrati ad acquistare il vostro prodotto, così come i soldati sono addestrati a marciare quando sentono l’ordine avanti, march!”.
L’area giochi nei supermercati non è certo un mezzo per facilitare la vita ai genitori, quanto un modo per condizionare i futuri adulti (gli attuali bambini) a riconoscere emotivamente in certi negozi una gioiosa atmosfera che ricorda loro i bei momenti dell’infanzia: si instilla così nei futuri clienti un’attrazione emotiva verso quei luoghi con le ovvie ricadute in termini di acquisiti e quindi di profitti.
Perfino la scelta della musica è finalizzata al profitto: musica lenta per rallentare i clienti che passano più tempo nel supermercato (più resti nel negozio e più consumi), musiche ritmate nei fast food, dove bisogna rapidamente liberare il posto per un altro consumatore. Dietro le pubblicità ci sono studi raffinati su rapporto psicologico-emotivo fra un certo suono, una certa musica e un certo prodotto, onde ottenere la migliore valorizzazione del prodotto; da pochi anni le ricerche si stanno spostando anche sul piano olfattivo per realizzare qualcosa di analogo con gli odori sintetici. Come afferma Aurélie Duclos ricercatrice di marketing olfattivo “Gli odori restano impressi nel cervello umano molto a lungo, spiega, sono stoccati a livello del sistema limbico, sotto forma di emozioni legate al contesto nel quale hanno impressionato il soggetto. Se, in seguito, uno di questi odori viene ripercepito, esso riporta le persone al contesto vissuto precedentemente”.
Per farla breve, una volta entrati in un supermercato moderno, tecnologico e raffinato, veniamo inconsapevolmente trasformati in qualcosa che si trova a metà strada fra le cavie ed i robot telecomandati. A dire il vero fin qui si tratta solo di manipolazione degli impulsi e non della vera e propria manipolazione delle opinioni, ma forse ora siete preparati al peggio, e quello che segue non vi stupirà.
L’area giochi nei supermercati non è certo un mezzo per facilitare la vita ai genitori, quanto un modo per condizionare i futuri adulti (gli attuali bambini) a riconoscere emotivamente in certi negozi una gioiosa atmosfera che ricorda loro i bei momenti dell’infanzia: si instilla così nei futuri clienti un’attrazione emotiva verso quei luoghi con le ovvie ricadute in termini di acquisiti e quindi di profitti.
Perfino la scelta della musica è finalizzata al profitto: musica lenta per rallentare i clienti che passano più tempo nel supermercato (più resti nel negozio e più consumi), musiche ritmate nei fast food, dove bisogna rapidamente liberare il posto per un altro consumatore. Dietro le pubblicità ci sono studi raffinati su rapporto psicologico-emotivo fra un certo suono, una certa musica e un certo prodotto, onde ottenere la migliore valorizzazione del prodotto; da pochi anni le ricerche si stanno spostando anche sul piano olfattivo per realizzare qualcosa di analogo con gli odori sintetici. Come afferma Aurélie Duclos ricercatrice di marketing olfattivo “Gli odori restano impressi nel cervello umano molto a lungo, spiega, sono stoccati a livello del sistema limbico, sotto forma di emozioni legate al contesto nel quale hanno impressionato il soggetto. Se, in seguito, uno di questi odori viene ripercepito, esso riporta le persone al contesto vissuto precedentemente”.
Per farla breve, una volta entrati in un supermercato moderno, tecnologico e raffinato, veniamo inconsapevolmente trasformati in qualcosa che si trova a metà strada fra le cavie ed i robot telecomandati. A dire il vero fin qui si tratta solo di manipolazione degli impulsi e non della vera e propria manipolazione delle opinioni, ma forse ora siete preparati al peggio, e quello che segue non vi stupirà.
C’è da immaginare che in un mondo dominato dalle potenze economiche e dalle logiche commerciali sia possibile inculcare nella gente comune delle precise opinioni tramite un migliaio di brevi messaggi ogni giorno veicolati dai mass media, ed in effetti questo è un processo che avviene costantemente sotto i nostri occhi: la società occidentale è uno specchio fedele di quanto viene proposto dai mass media, dalla pubblicità imperante, dai film di Hollywood. Se le opinioni della gente non sono frutto di un ragionamento autonomo ma di un processo di manipolazione attuato dai potentati economici e politici c’è da immaginarsi che anche certe ‘verità scientifiche’ divulgate nell’ultimo secolo e che servono a vendere qualche prodotto commerciale (come i farmaci ad esempio) sia tanto più false quanto più sono condivise. Allora invece che di “verità scientifica” si dovrebbe parlare di “luogo comune”, un luogo comune costruito coi soldi della propaganda con lo scopo di ricavare molti più soldi di quanti ne sono stati spesi per la campagna pubblicitaria.
Vi sembra pazzesco pensare che affermazioni come “le nostre democrazie garantiscono la libertà”, “l’esercito serve per la difesa della pace”, “i medicinali ridanno la salute”, “la vaccinazione rende immuni”, “tutti i farmaci vengono testati accuratamente”, “il fluoro protegge i tuoi denti dalla carie”, possano essere state instillate nell’opinione pubblica da un’accurata campagna di propaganda? Allora fra le vostre letture mancano di sicuro “Il mondo nuovo” e “Ritorno al mondo nuovo” di Aldous Huxley [4]. Nella società descritta nel libro “Il mondo nuovo” la verità era qualsiasi messaggio venisse ascoltato decine di volte al giorno per tutti i giorni. Pensate per un attimo a quante volte al giorno passano messaggi che, direttamente o indirettamente, facciano credere che le nostre democrazie garantiscono la libertà, che i farmaci di sintesi chimica ridiano la salute, che i nostri eserciti svolgano missioni di pace, che i vaccini siano indispensabili per difenderci dalle infezioni. Messaggi ascoltati o letti ripetutamente da ciascuno di noi ogni giorno per decine di anni sono diventati nella nostra società delle verità incontrovertibili, ma in realtà spesso sono delle vere e proprie illusioni, costruite con una spesa complessiva di svariati miliardi (in vista ovviamente di profitti ancora maggiori).
Un libro che raccoglie dati sulla manipolazione dell’opinione pubblica è “Fidatevi di noi, siamo esperti” (“Trust Us We’re Experts”, edizioni Tarcher/Penguin). Gli autori Stauber e Rampton fanno risalire le origini della manipolazione scientifica delle coscienze all’inizio del 1900 descrivendo il lavoro di persone come Edward L. Bernays, l’uomo di maggiore importanza delle agenzie di Pubbliche Relazioni (PR) fino agli anni ’40.
Ai tempi della prima guerra mondiale Bernays ricevette il primo incarico da parte del “Consiglio per l’Informazione al Pubblico” che gli chiese di organizzare una campagna per fare accettare la guerra al popolo americano; in quell’occasione egli coniò il famoso slogan: “Fare il Mondo Sicuro per la Democrazia”. In seguito si occupò di pubblicizzare il fumo delle sigarette fra le donne organizzando la “Fiaccolata della Brigata della Libertà” nella quale le suffragette marciavano in parata fumando; la tossica abitudine del fumo veniva così trasformata paradossalmente in un simbolo della liberazione delle donne [5]; disgraziatamente l’idea funzionò (come tutte le altre del resto). Voi forse pensate che la colazione con la pancetta sia un’usanza anglosassone, un’usanza sviluppatasi in quei paesi per motivi storici e culturali? Ebbene è anche questa un’opera del grande stratega Bernays che rese popolare l’idea di fare colazione con la pancetta.
Sempre Bernays curò la propaganda per l’AMA (Associazione dei Medici Americani!), preoccupandosi fra l’altro di far credere all’opinione pubblica che le sigarette facessero bene alla salute. Bernays e i suoi colleghi elaborarono ed applicarono il concetto che si poteva manipolare la coscienza e l’opinione delle masse per mezzo di messaggi ripetuti centinaia di volte. I suoi lavori furono di grande aiuto ai nazisti, in oparticolar modo a Josef Goebbels, ministro per la propaganda di Hitler, che studiò i principi di Edward Bernays.
Ai tempi della prima guerra mondiale Bernays ricevette il primo incarico da parte del “Consiglio per l’Informazione al Pubblico” che gli chiese di organizzare una campagna per fare accettare la guerra al popolo americano; in quell’occasione egli coniò il famoso slogan: “Fare il Mondo Sicuro per la Democrazia”. In seguito si occupò di pubblicizzare il fumo delle sigarette fra le donne organizzando la “Fiaccolata della Brigata della Libertà” nella quale le suffragette marciavano in parata fumando; la tossica abitudine del fumo veniva così trasformata paradossalmente in un simbolo della liberazione delle donne [5]; disgraziatamente l’idea funzionò (come tutte le altre del resto). Voi forse pensate che la colazione con la pancetta sia un’usanza anglosassone, un’usanza sviluppatasi in quei paesi per motivi storici e culturali? Ebbene è anche questa un’opera del grande stratega Bernays che rese popolare l’idea di fare colazione con la pancetta.
Sempre Bernays curò la propaganda per l’AMA (Associazione dei Medici Americani!), preoccupandosi fra l’altro di far credere all’opinione pubblica che le sigarette facessero bene alla salute. Bernays e i suoi colleghi elaborarono ed applicarono il concetto che si poteva manipolare la coscienza e l’opinione delle masse per mezzo di messaggi ripetuti centinaia di volte. I suoi lavori furono di grande aiuto ai nazisti, in oparticolar modo a Josef Goebbels, ministro per la propaganda di Hitler, che studiò i principi di Edward Bernays.
Bernays descriveva il pubblico come “un gregge che ha bisogno di essere guidato”, ed il lavoro suo e dei suoi colleghi mirò sempre a controllare le masse senza che esse lo sapessero; le aziende di Pubbliche Relazioni attengono i migliori successi con chi non sospetta di essere manipolato. Questi occulti persuasori pretendevano persino di svolgere un compito meritorio per lo sviluppo della democrazia, il loro pensiero era che la gente comune non fosse in grado di fare un uso corretto della democrazia e che ci volesse qualcuno che indirizzasse i pensieri di tali persone.
Bernays scriveva testualmente nel suo libro “Propaganda”: “Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone.”
Ben presto le grandi aziende cominciarono a servirsi regolarmente delle loro consulenze di questi squallidi manipolatori delle coscienze: Philip Morris, Union Carbide, Monsanto, DuPont, Shell Oil, Procter & Gamble, General Motors, Pfizer, Dow Chemical, Ciba Geigy, Standard Oil, Boeing, Eli Lilly, Goodyear, l’industria del tabacco e l’industria del piombo.
Da allora in poi le agenzie di Pubbliche Relazioni hanno creato i luoghi comuni in cui tutti credono manipolando le opinioni della gente rispetto a ogni questione che abbia anche il più remoto valore commerciale, instillando in noi la fiducia nella scienza e nella medicina e minimizzando i danni subiti dall’ambiente a causa della crescente tecnologizzazione.
Bernays scriveva testualmente nel suo libro “Propaganda”: “Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone.”
Ben presto le grandi aziende cominciarono a servirsi regolarmente delle loro consulenze di questi squallidi manipolatori delle coscienze: Philip Morris, Union Carbide, Monsanto, DuPont, Shell Oil, Procter & Gamble, General Motors, Pfizer, Dow Chemical, Ciba Geigy, Standard Oil, Boeing, Eli Lilly, Goodyear, l’industria del tabacco e l’industria del piombo.
Da allora in poi le agenzie di Pubbliche Relazioni hanno creato i luoghi comuni in cui tutti credono manipolando le opinioni della gente rispetto a ogni questione che abbia anche il più remoto valore commerciale, instillando in noi la fiducia nella scienza e nella medicina e minimizzando i danni subiti dall’ambiente a causa della crescente tecnologizzazione.
Uno dei modi migliori escogitati da Bernays per creare credibilità per un prodotto o un’immagine è quello di fare svolgere la propaganda ad entità apparentemente indipendenti, ma occultamente manovrate. Prendiamo quello che fece Bernays per dare una buona immagine della Genarl Motors. Se la General Motors avesse dichiarato che il riscaldamento del globo terrestre è un’invenzione di alcuni amanti della natura, la gente avrebbe ovviamente avuto dei sospetti sulla sincerità di tale affermazione, dato che la General Motors costruisce automobili. Bernays allora creò in incognito un istituto di ricerca apparentemente indipendente e dal nome che ispira fiducia come “Alleanza per il Clima del Globo” affidando ad esso la stesura di un rapporto pseudo-scientifico nel quale si affermava che il riscaldamento del globo in realtà era una storia inventata.
Dopo il successo di questa iniziativa Bernays mise su decine e decine di istituti e fondazioni, tutti apparentemente indipendenti ma in realtà finanziati occultamente dalle aziende i cui prodotti venivano valutati per verificarne la qualità. I nomi erano altisonanti e accattivanti come Fondazione per la Ricerca sulle Temperature, Centro per la Qualità dei Prodotti, Consiglio Americano sulla Scienza e la Salute, Alleanza per il Clima del Globo, Alleanza per dei Cibi Migliori.
Da questi istituti parte un flusso senza fine di “comunicati stampa” che annunciano il risultato di pseudo “scoperte” ad ogni radio e giornale della nazione (vedi il libro di J. Robbins “Reclamando la nostra salute”). Molti di questi resoconti preconfezionati vengono riportati dai mass-media come se fossero delle vere e proprie notizie, anche perché essi vengono preparati di proposito, dai soliti manipolatori di coscienze, con il formato delle notizie. In tal modo il giornalista può risparmiare tempo ed evitare di fare ricerche per conto proprio (specialmente se si tratta di argomenti di cui conosce molto poco), ossia evitando di svolgere il proprio mestiere. Basta fare un copia e incolla, ritagliare qualche stralcio senza alcuna revisione, aggiungere il sottotitolo ed il lavoro è già pronto. Notizie finte fatte e comunicate al grande pubblico all’istante, scritte da società di Pubbliche Relazioni.
Dopo il successo di questa iniziativa Bernays mise su decine e decine di istituti e fondazioni, tutti apparentemente indipendenti ma in realtà finanziati occultamente dalle aziende i cui prodotti venivano valutati per verificarne la qualità. I nomi erano altisonanti e accattivanti come Fondazione per la Ricerca sulle Temperature, Centro per la Qualità dei Prodotti, Consiglio Americano sulla Scienza e la Salute, Alleanza per il Clima del Globo, Alleanza per dei Cibi Migliori.
Da questi istituti parte un flusso senza fine di “comunicati stampa” che annunciano il risultato di pseudo “scoperte” ad ogni radio e giornale della nazione (vedi il libro di J. Robbins “Reclamando la nostra salute”). Molti di questi resoconti preconfezionati vengono riportati dai mass-media come se fossero delle vere e proprie notizie, anche perché essi vengono preparati di proposito, dai soliti manipolatori di coscienze, con il formato delle notizie. In tal modo il giornalista può risparmiare tempo ed evitare di fare ricerche per conto proprio (specialmente se si tratta di argomenti di cui conosce molto poco), ossia evitando di svolgere il proprio mestiere. Basta fare un copia e incolla, ritagliare qualche stralcio senza alcuna revisione, aggiungere il sottotitolo ed il lavoro è già pronto. Notizie finte fatte e comunicate al grande pubblico all’istante, scritte da società di Pubbliche Relazioni.
Tutto questo succede quotidianamente dagli anni ’20, quando l’idea dei comunicati stampa fu inventata per la prima volta da Ivy Lee (vedi libro citato di Stauber, pag 22). Alcune volte circa metà degli articoli che compaiono in una copia del Wall St. Journal sono basati solo su tali comunicati stampa delle PR.
Ecco un esempio ripreso dal libro di Stauber. Nel 1922, la General Motors scoprì che aggiungendo piombo alla benzina le automobili sviluppavano più cavalli vapore. Quando c’era qualche faccenda riguardo alla salute, la GM pagava il Dipartimento delle Miniere per fare qualche “test” fasullo e pubblicare delle ricerche falsificate che “provavano” che l’inalazione di piombo non era dannosa.
Qui entra in gioco Charles Kettering, il fondatore del Sloan-Kettering Memorial Institute per la ricerca medica, famoso in tutto il mondo, ma anche un dirigente della General Motors. Il Kettering institute pubblicò dei rapporti che dichiarano che il piombo esiste naturalmente nel corpo il quale possiede la capacità di eliminare bassi livelli di contaminazione da tale metallo pesante. Associandosi con la “Fondazione per l’Igiene industriale” e con il gigante delle Pubbliche Relazioni Hill & Knowlton, Sloane Kettering contrastò per anni tutte le ricerche “anti-piombo” (Stauber pag 92). Dopo 60 anni non fu più possibile nascondere la tossicità del piombo, e la benzina al piombo fu gradualmente eliminata verso la fine degli anni ’80, ma durante quei 60 anni, si stima che solo negli Usa 30 milioni di tonnellate di piombo sotto forma di vapori furono riversate nell’aria dai gas di scarico dei veicoli a motore.
Ecco un esempio ripreso dal libro di Stauber. Nel 1922, la General Motors scoprì che aggiungendo piombo alla benzina le automobili sviluppavano più cavalli vapore. Quando c’era qualche faccenda riguardo alla salute, la GM pagava il Dipartimento delle Miniere per fare qualche “test” fasullo e pubblicare delle ricerche falsificate che “provavano” che l’inalazione di piombo non era dannosa.
Qui entra in gioco Charles Kettering, il fondatore del Sloan-Kettering Memorial Institute per la ricerca medica, famoso in tutto il mondo, ma anche un dirigente della General Motors. Il Kettering institute pubblicò dei rapporti che dichiarano che il piombo esiste naturalmente nel corpo il quale possiede la capacità di eliminare bassi livelli di contaminazione da tale metallo pesante. Associandosi con la “Fondazione per l’Igiene industriale” e con il gigante delle Pubbliche Relazioni Hill & Knowlton, Sloane Kettering contrastò per anni tutte le ricerche “anti-piombo” (Stauber pag 92). Dopo 60 anni non fu più possibile nascondere la tossicità del piombo, e la benzina al piombo fu gradualmente eliminata verso la fine degli anni ’80, ma durante quei 60 anni, si stima che solo negli Usa 30 milioni di tonnellate di piombo sotto forma di vapori furono riversate nell’aria dai gas di scarico dei veicoli a motore.
Ivy Lee e Edward Bernays misero a punto strategie sempre più efficaci per convincere e manipolare l’opinione pubblica: puntare sull’immagine e non sulla motivazione razionale (vedi la pubblicità odierna che è tutta basata su questo concetto), instillare nelle persone l’idea che la tecnologia è in se stessa una religione, e che in ogni campo le decisioni importanti dovrebbero essere lasciate agli esperti (tanto, come abbiamo visto, gli esperti li sfornano gli enti manovrati dalle aziende interessate). Per portare avanti la propaganda bisogna ottenere approvazione da persone celebri, dalle chiese, da personaggi sportivi, dall’uomo della strada, da chiunque non abbia alcuna esperienza sull’argomento in questione. Se bisogna minimizzare uno scandalo, bisogna indicare i benefici di quanto è appena successo ed evitare le argomentazioni morali. Il buon imbonitore deve parlare in maniera brillante usando parole positive che emozionano e se nasconde qualcosa, non deve parlare con lingua fluente, ma fermarsi per un po’ e distrarre chi ascolta.
Le società di Pubbliche Relazioni arrivano persino a collegare, nei loro comunicati stampa, i nomi di famosi scienziati a ricerche che quegli scienziati non hanno nemmeno visto (Stauber, pag 201). Quella che viene fuori da queste manipolazioni e che viene diffusa dagli organi di (dis)informazione è la scienza al contrario, la parodia della scienza. La scienza vera parte con ipotesi di cui non è per niente sicura, la scienza sicura non ha “verità”da dimostrare ma solo tanti dubbi da analizzare, ogni ipotesi va verificata con l’esperimento e rigettata se e quando non si rivela corretta. La pseudo-scienza delle compagnie di Relazioni Pubbliche e degli “enti scientifici” creati da esse (coi soldi delle multinazionali) parte dalle conclusioni (gli OGM fanno bene, le medicine fanno bene, i vaccini difendono dalle infezioni, i prodotti chimici che abbiamo in casa non sono tossici) e fa di tutto, fino ad inventare dati e conclusioni, perché tali conclusioni appaiano “verificate”. Stauber documenta che la sponsorizzazione industriale della ricerca universitaria è in aumento (pag 206) e questo non ha nulla a che fare con la ricerca di conoscenza. E mentre gli scienziati si lamentano che la ricerca è semplicemente diventata un’altra merce, qualcosa da comprare e vendere [6], le compagnie di Relazioni Pubbliche si oppongono a qualsiasi ricerca che cerchi di proteggere la salute pubblica o l’ambiente.
La maggior parte delle volte che i mass media riportano dei concetti negativi associati alla scienza, come truffa, imbroglio, frode, o quando parlano di “scienza spazzatura”, è in un contesto in cui si vuole screditare il lavoro degli scienziati più onesti e responsabili, quelli che cercano di difendere l’ambiente e la nostra salute; ovviamente si tratta del lavoro delle agenzie di Pubbliche Relazioni che hanno creato la notizia, con tanto di commento incorporato, tramite la consueta produzione di comunicati stampa costruiti ad hoc. Stauber riporta con ironia che gli auto-proclamatisi smascheratori della scienza spazzatura (che è poi nel linguaggio delle Pubbliche Relazioni la scienza responsabile le cui conclusioni non piacciono alle multinazionali) di solito non sono scienziati essi stessi (pag 255).
Quando queste agenzie attaccano i gruppi ambientalisti e le persone della medicina alternativa, usano parole negative come scandalo, scienza spazzatura, allarmante, irresponsabile, fobia, allarmista; ad esse si contrappongono le parole positive utilizzate riguardo alle industrie che distruggono l’ambiente ed alle lobby medico-farmaceutiche: scienza autentica, ragionevole, responsabile.
Il linguaggio infatti è un sottile mezzo di controllo, e imporre nell’uso comune una certa parola, una certa espressione, un particolare modo di dire significa anche orientare il modo in cui la gente percepisce e giudica certi fenomeni. Provate a pensare quanto sarebbe differente il mondo se non fossimo abituati a dire “quello è pazzo”, o “quello è malato di mente” ma piuttosto “quell’uomo sfugge ai soliti schemi” oppure “quella persona non riesco a comprenderla”. Le parole e le espressioni che abitualmente utilizziamo contengono spesso in sé una sfumatura di giudizio (positivo o negativo), ed essere forzati ad utilizzarle per adeguarci all’uso comune è una delle tante subdole forme di indottrinamento.
La maggior parte delle volte che i mass media riportano dei concetti negativi associati alla scienza, come truffa, imbroglio, frode, o quando parlano di “scienza spazzatura”, è in un contesto in cui si vuole screditare il lavoro degli scienziati più onesti e responsabili, quelli che cercano di difendere l’ambiente e la nostra salute; ovviamente si tratta del lavoro delle agenzie di Pubbliche Relazioni che hanno creato la notizia, con tanto di commento incorporato, tramite la consueta produzione di comunicati stampa costruiti ad hoc. Stauber riporta con ironia che gli auto-proclamatisi smascheratori della scienza spazzatura (che è poi nel linguaggio delle Pubbliche Relazioni la scienza responsabile le cui conclusioni non piacciono alle multinazionali) di solito non sono scienziati essi stessi (pag 255).
Quando queste agenzie attaccano i gruppi ambientalisti e le persone della medicina alternativa, usano parole negative come scandalo, scienza spazzatura, allarmante, irresponsabile, fobia, allarmista; ad esse si contrappongono le parole positive utilizzate riguardo alle industrie che distruggono l’ambiente ed alle lobby medico-farmaceutiche: scienza autentica, ragionevole, responsabile.
Il linguaggio infatti è un sottile mezzo di controllo, e imporre nell’uso comune una certa parola, una certa espressione, un particolare modo di dire significa anche orientare il modo in cui la gente percepisce e giudica certi fenomeni. Provate a pensare quanto sarebbe differente il mondo se non fossimo abituati a dire “quello è pazzo”, o “quello è malato di mente” ma piuttosto “quell’uomo sfugge ai soliti schemi” oppure “quella persona non riesco a comprenderla”. Le parole e le espressioni che abitualmente utilizziamo contengono spesso in sé una sfumatura di giudizio (positivo o negativo), ed essere forzati ad utilizzarle per adeguarci all’uso comune è una delle tante subdole forme di indottrinamento.
I nostri governanti, i nostri uomini di potere, sanno bene queste cose, e se non le sanno loro le sanno di sicuro le agenzie di pubbliche relazioni cui essi si affidano. Come abbiamo già visto si tratta di un percorso iniziato quasi un secolo fa ma che adesso è così perfezionato e rodato che pochi se ne riescono ad accorgere.
Per capire quale possa essere l’uso strumentale e politico delle parole pensiamo a come è stato stravolto l’uso di certi termini e come sia stata cambiata la loro “destinazione d’uso”.
Riforma. Una volta questa era una parola tanto cara alla sinistra, al movimento operaio, ai contadini, che auspicavano una riforma della legge elettorale per dare a tutti il diritto di voto, una riforma dell’orario di lavoro per portarlo a otto ore al giorno, una riforma agraria con la ridistribuzione delle terre e la fine della servitù della gleba. Adesso la parola riforma si usa per la “riforma delle pensioni” che peggiora di volta in volta la condizione economica dei pensionati presenti e futuri, per la “riforma della scuola”, che da 30 anni a questa parte significa peggiorare la qualità della scuola, escludere dall’istruzione superiore i ceti più poveri, ritornare alla creazione di una scuola suddivisa per classi sociali, la “riforma elettorale” che col maggioritario tende a spazzare i pochi partiti che assumono ancora delle posizioni di opposizione più o meno coerente per appiattirli su uno dei due pseudo-fronti che si contendono l’elettorato: la sinistra liberale e la destra liberale anch’essa (valla a capire la differenza).
Democrazia. A prescindere dal fatto che la parola in sé non mi piace troppo visto l’origine e i precedenti (la parola deriva dal greco e indicava in origine l’ordinamento politico delle città stato schiaviste e spesso imperialiste sul modello di Atene, città che nel mondo greco avevo un ruolo analogo a quello degli USA odierni), una volta era una parola utilizzata dalla sinistra, dal movimento operaio e contadino per chiedere uguali diritti per tutti, l’accesso al voto per tutti, la stessa garanzia di giustizia per tutti. Ma a partire dall’inizio del 1900 la parola cominciò ad essere trasformata, come abbiamo visto, e si cominciò a usarla in contesti del tipo “rendere il mondo sicuro per la democrazia” quando si voleva che gli USA entrassero in guerra per espandere la loro sfera di influenza (curiosamente nello stesso periodo in cui questo slogan veniva utilizzato dal governo gli uomini appartenenti alla minoranza negre degli USA venivano sfruttati, torturati, massacrati nella quasi totale apatia delle istituzioni “democratiche”). Da allora assistemmo ad una continua escalation del valore di questa parola che fu sulle bocche di molti dei governi più guerrafondai e repressivi, e che è stata utilizzata soprattutto dagli USA per giustificare le decine di guerre che essi hanno intrapreso nell’ultimo secolo in tutto il mondo. Ormai la parola democrazia è un velo dietro il quale si nasconde l’aggressività dei prepotenti, l’accettazione della legge del più forte
Libertà. Sembra la gemella della parola democrazia, una volta veniva utilizzata per indicare la libertà dei sudditi di scrivere, leggere, pensare quello che volevano, di associarsi liberamente, di fare politica e di chiedere delle riforme (nel senso positivo che questa parola aveva un tempo), mentre adesso la si utilizza per indicare la libertà dei potenti di fare quello che vogliono senza ulteriori restrizioni, la libertà di vendere veleni su tutta la faccia della terra, di licenziare senza giusta causa, di fare guerra a chi si vuole; le sue derivazioni (liberismo, liberalismo, neo-liberismo, liberale) indicano le forme di economia più disumane che il mondo moderno abbia mai sperimentato. In Italia la parola libertà viene utilizzata per indicare le formazioni politiche che più di ogni altre hanno attuato un governo repressivo.
Sicuramente queste parole continuano a mantenere un significato differente presso quelle minoranze che vorrebbero conservare per esse il significato originario, e che quando chiedono libertà e democrazia non intendono l’assoggettamento all’impero USA ma la sua sostituzione con un mondo realmente libero di popoli che possano auto-determinare il proprio destino. E, per colmo dell’ironia, è proprio grazie al fatto che ancora persiste un uso positivo di queste parole che l’ipocrisia dei potenti si regge in piedi; se smettessimo di chiedere libertà e democrazia, ma rivendicassimo l’abolizione del potere dell’uomo sull’uomo, tali parole rimaste in bocca solo ai potenti, si svelerebbero forse in tutta la loro crudele menzogna.
Per capire quale possa essere l’uso strumentale e politico delle parole pensiamo a come è stato stravolto l’uso di certi termini e come sia stata cambiata la loro “destinazione d’uso”.
Riforma. Una volta questa era una parola tanto cara alla sinistra, al movimento operaio, ai contadini, che auspicavano una riforma della legge elettorale per dare a tutti il diritto di voto, una riforma dell’orario di lavoro per portarlo a otto ore al giorno, una riforma agraria con la ridistribuzione delle terre e la fine della servitù della gleba. Adesso la parola riforma si usa per la “riforma delle pensioni” che peggiora di volta in volta la condizione economica dei pensionati presenti e futuri, per la “riforma della scuola”, che da 30 anni a questa parte significa peggiorare la qualità della scuola, escludere dall’istruzione superiore i ceti più poveri, ritornare alla creazione di una scuola suddivisa per classi sociali, la “riforma elettorale” che col maggioritario tende a spazzare i pochi partiti che assumono ancora delle posizioni di opposizione più o meno coerente per appiattirli su uno dei due pseudo-fronti che si contendono l’elettorato: la sinistra liberale e la destra liberale anch’essa (valla a capire la differenza).
Democrazia. A prescindere dal fatto che la parola in sé non mi piace troppo visto l’origine e i precedenti (la parola deriva dal greco e indicava in origine l’ordinamento politico delle città stato schiaviste e spesso imperialiste sul modello di Atene, città che nel mondo greco avevo un ruolo analogo a quello degli USA odierni), una volta era una parola utilizzata dalla sinistra, dal movimento operaio e contadino per chiedere uguali diritti per tutti, l’accesso al voto per tutti, la stessa garanzia di giustizia per tutti. Ma a partire dall’inizio del 1900 la parola cominciò ad essere trasformata, come abbiamo visto, e si cominciò a usarla in contesti del tipo “rendere il mondo sicuro per la democrazia” quando si voleva che gli USA entrassero in guerra per espandere la loro sfera di influenza (curiosamente nello stesso periodo in cui questo slogan veniva utilizzato dal governo gli uomini appartenenti alla minoranza negre degli USA venivano sfruttati, torturati, massacrati nella quasi totale apatia delle istituzioni “democratiche”). Da allora assistemmo ad una continua escalation del valore di questa parola che fu sulle bocche di molti dei governi più guerrafondai e repressivi, e che è stata utilizzata soprattutto dagli USA per giustificare le decine di guerre che essi hanno intrapreso nell’ultimo secolo in tutto il mondo. Ormai la parola democrazia è un velo dietro il quale si nasconde l’aggressività dei prepotenti, l’accettazione della legge del più forte
Libertà. Sembra la gemella della parola democrazia, una volta veniva utilizzata per indicare la libertà dei sudditi di scrivere, leggere, pensare quello che volevano, di associarsi liberamente, di fare politica e di chiedere delle riforme (nel senso positivo che questa parola aveva un tempo), mentre adesso la si utilizza per indicare la libertà dei potenti di fare quello che vogliono senza ulteriori restrizioni, la libertà di vendere veleni su tutta la faccia della terra, di licenziare senza giusta causa, di fare guerra a chi si vuole; le sue derivazioni (liberismo, liberalismo, neo-liberismo, liberale) indicano le forme di economia più disumane che il mondo moderno abbia mai sperimentato. In Italia la parola libertà viene utilizzata per indicare le formazioni politiche che più di ogni altre hanno attuato un governo repressivo.
Sicuramente queste parole continuano a mantenere un significato differente presso quelle minoranze che vorrebbero conservare per esse il significato originario, e che quando chiedono libertà e democrazia non intendono l’assoggettamento all’impero USA ma la sua sostituzione con un mondo realmente libero di popoli che possano auto-determinare il proprio destino. E, per colmo dell’ironia, è proprio grazie al fatto che ancora persiste un uso positivo di queste parole che l’ipocrisia dei potenti si regge in piedi; se smettessimo di chiedere libertà e democrazia, ma rivendicassimo l’abolizione del potere dell’uomo sull’uomo, tali parole rimaste in bocca solo ai potenti, si svelerebbero forse in tutta la loro crudele menzogna.
Per finire due considerazioni sulla cosiddetta “recensione autorevole” (peer review), considerazioni valide soprattutto in ambito medico-farmacologico.
Per avere accesso ai finanziamenti i ricercatori devono pubblicare articoli sui migliori giornali scientifici, come JAMA, New England Journal, British Medical Journal, i quali sottopongono ogni articolo pubblicato (in mezzo a tutti quei coloratissimi inserti pubblicitari di farmaci e intere pagine di propaganda delle case farmaceutiche) alla revisione e al controllo di “esperti” con ottime credenziali. In teoria in questo modo possiamo essere certi che i dati e le conclusioni della ricerca sono stati interamente verificati e sono attendibili.
Tutti quei giornali però, se vogliono sopravvivere, devono sottostare ad una regola valida anche per qualsiasi altra rivista che si può trovare in edicola: non contrastare i propri inserzionisti. Come credere che quei giornali siano obiettivi, scientifici e incorruttibili vedendo tutte quelle intere pagine di pubblicità di prodotti farmaceutici (la cui pubblicazione significa qualche bel miliardo di introito)? Pubblicherà mai una di queste “riviste specializzate” una ricerca seria ed autorevole che getta una cattiva luce su un farmaco pubblicizzato nella pagina centrale della stessa rivista?
C’è poi il conflitto di interessi. Tutti i giornali che trattano gli argomenti della medicina devono avere un requisito formale: qualsiasi legame finanziario fra l’autore e un’azienda produttrice deve essere reso noto nell’articolo. Uno studio fatto nel 1997 su 142 giornali medici non ha trovato nemmeno un riferimento di tali legami. (Wall St. Journal, 2 Feb 99) Uno studio del 1998 fatto sul New England Journal of Medicine ha rilevato che il 96% degli articoli controllati col metodo della “recensione autorevole” avevano legami finanziari con il farmaco studiato nell’articolo (Stelfox,1998).
Come se non bastasse tutto questo c’è il vero e proprio acquisto dello spazio del giornale. Una società farmaceutica può semplicemente pagare 100.000 dollari a un giornale per far stampare un articolo ad essa favorevole (Stauber, p 204).
Nel 1987, il New England Journal pubblicò un articolo riguardo alla ricerca del dottor R. Slutsky che copriva un periodo di sette anni. In tale periodo il Dr. Slutsky pubblicò 137 articoli su diversi giornali che fanno le revisioni autorevoli. Il New England Journal scoprì che in almeno 60 di questi 137, c’erano evidenze di considerevoli frodi scientifiche e travisamenti: venivano persino riportati risultati di esperimenti mai fatti, di esami mai eseguiti, di analisi statistiche mai fatte. Dati fasulli come questi vengono poi spesso citati da altri ricercatori su altre riviste, e poi vengono citati ancora da altri di modo che l’errore si ingigantisce.
Per avere accesso ai finanziamenti i ricercatori devono pubblicare articoli sui migliori giornali scientifici, come JAMA, New England Journal, British Medical Journal, i quali sottopongono ogni articolo pubblicato (in mezzo a tutti quei coloratissimi inserti pubblicitari di farmaci e intere pagine di propaganda delle case farmaceutiche) alla revisione e al controllo di “esperti” con ottime credenziali. In teoria in questo modo possiamo essere certi che i dati e le conclusioni della ricerca sono stati interamente verificati e sono attendibili.
Tutti quei giornali però, se vogliono sopravvivere, devono sottostare ad una regola valida anche per qualsiasi altra rivista che si può trovare in edicola: non contrastare i propri inserzionisti. Come credere che quei giornali siano obiettivi, scientifici e incorruttibili vedendo tutte quelle intere pagine di pubblicità di prodotti farmaceutici (la cui pubblicazione significa qualche bel miliardo di introito)? Pubblicherà mai una di queste “riviste specializzate” una ricerca seria ed autorevole che getta una cattiva luce su un farmaco pubblicizzato nella pagina centrale della stessa rivista?
C’è poi il conflitto di interessi. Tutti i giornali che trattano gli argomenti della medicina devono avere un requisito formale: qualsiasi legame finanziario fra l’autore e un’azienda produttrice deve essere reso noto nell’articolo. Uno studio fatto nel 1997 su 142 giornali medici non ha trovato nemmeno un riferimento di tali legami. (Wall St. Journal, 2 Feb 99) Uno studio del 1998 fatto sul New England Journal of Medicine ha rilevato che il 96% degli articoli controllati col metodo della “recensione autorevole” avevano legami finanziari con il farmaco studiato nell’articolo (Stelfox,1998).
Come se non bastasse tutto questo c’è il vero e proprio acquisto dello spazio del giornale. Una società farmaceutica può semplicemente pagare 100.000 dollari a un giornale per far stampare un articolo ad essa favorevole (Stauber, p 204).
Nel 1987, il New England Journal pubblicò un articolo riguardo alla ricerca del dottor R. Slutsky che copriva un periodo di sette anni. In tale periodo il Dr. Slutsky pubblicò 137 articoli su diversi giornali che fanno le revisioni autorevoli. Il New England Journal scoprì che in almeno 60 di questi 137, c’erano evidenze di considerevoli frodi scientifiche e travisamenti: venivano persino riportati risultati di esperimenti mai fatti, di esami mai eseguiti, di analisi statistiche mai fatte. Dati fasulli come questi vengono poi spesso citati da altri ricercatori su altre riviste, e poi vengono citati ancora da altri di modo che l’errore si ingigantisce.
Tutto questo non si comprende appieno se non si fa riferimento alla maniera scientifica con cui i mezzi di comunicazione di massa diffondono non-notizie: servizi di primo piano sulle condizioni del tempo (che mai fanno sospettare le reali cause delle modificazioni climatiche), servizi di primo piano sulla vita private dei personaggi famosi, sulle cerimonie dei capi di stato, sui pettegolezzi del giorno, sulla moda di quest’anno e sui menù delle feste, ore ed ore di servizi sulle partite di calcio o su altre notizie sportive (le non-notizie per antonomasia). Non-notizie alle quali si aggiungono notizie filtrate, ingigantite e spesso create ad arte che servono solo a generare paura: paura di malattie create dal nostro sistema di vita e dalla nostra alimentazione che vengono presentate come terribili epidemie, paura di malattie virali che si risolvono da sole stando qualche giorno al calduccio nel letto (come l’influenza), paura di conflitti e di atti terroristici (che sono quasi sempre causati o finanziati, direttamente o indirettamente, dai nostri governi occidentali e dai loro servizi segreti). Paure dalle quali solo Loro, i Potenti che accudiscono e curano il nostro bel mondo possono liberarci con pillole per fare la guerra dentro i nostri corpi e bombe per fare la guerra nel mondo che c’è fuori. E come condimento, inframezzato ad ogni notizia (stupida o fasulla) c’è uno spot commerciale realizzato secondo i dettami della scienza della manipolazione delle menti. Ma no, penserete voi, delle notizie importanti si riescono ancora a conoscere dai telegiornali, ed è vero per certi versi, ma solo nella versione che piace a chi governa, e così della guerra si ascolta solo che è giusta e che serve a far trionfare il bene sul male, della medicina si sente solo dire che tramite i nuovi farmaci è in grado di affrontare e vincere qualsiasi malattia, dell’economia che nonostante i sacrifici e la precarizzazione del lavoro in un futuro (ma quando arriverà mai questo futuro?) le cose andranno meglio. Dibattiti? Ah sì, vero ci sono anche quelli, i dibattiti fra un pensiero “di sinistra” e uno “di destra” che quasi sempre sono due sfumature leggermente differenti nell’interpretazione e nell’attuazione dello stesso disegno di globalizzazione liberista: ricordo ancora una campagna elettorale nella quale il leader della destra diceva “noi siamo liberali” ed il leader della “sinistra” diceva “i veri liberali siamo noi” (da quando il liberalismo fa parte del patrimonio culturale della sinistra? C’era un tempo in cui la sinistra era nettamente schierata contro il liberalismo, ossia contro l’assenza di regole che fanno del sistema vigente un capitalismo selvaggio).
E per chiudere il cerchio di quest’analisi c’è il continuo peggioramento del livello di cultura nelle nostre “avanzate” civiltà occidentali: persone che dopo qualche anno dalla fine della scuola non riescono più a leggere (analfabetismo di ritorno), alunni di 15 anni che leggono ancora balbettando e che non ricordano le tabelline. I grafici che mostrano i livelli di ingresso nelle capacità e nelle conoscenze dei nostri ragazzi misurati anno per anno con gli stessi identici test mostrano un andamento in costante discesa. Una causa di questo andamento può essere puramente biologica, dovuta ai veleni come il fluoro, l’alluminio e il mercurio che vengono somministrati anche ai bambini (tramite dentifrici al fluoro, otturazioni dentali in amalgama, vaccini contenenti mercurio e alluminio, cibi cucinati con pentole in alluminio) e agli effetti collaterali di alcuni vaccini: tutte queste cose possono causare danni neurologici e quindi ritardo mentale e persino autismo.
Ma la causa forse più importante è il fatto che la cultura non è più un valore per le nostre famiglie (d’altronde non lo è per i nostri mezzi di comunicazione di massa, e le nostre famiglie si adeguano), la scuola viene sempre più privata di valore, viene considerata una merce e sottoposta a provvedimenti di privatizzazione (come se il sapere fosse qualcosa da vendere e da comprare al pari di una saponetta), le risorse per il sistema scolastico diminuiscono, i ragazzi abituati al mondo dei computer, dei videogame e delle televisioni, e alimentati con cibi che li rendono irrequieti (coca cola, cioccolato e cibi zuccherati) non hanno più la pazienza di leggere un testo, di ascoltare il docente, di studiare, non hanno più la voglia di sforzarsi a comprendere ragionamenti complessi.
Per altro (per quanto io non sogni una scuola selettiva/repressiva) bisogna ricordare come sia sempre più difficile bocciare uno studente che non sa (specie alle scuole elementari): lo studente con carenze a volte gravi nelle conoscenze ed abilità di base (leggere e far di conto) viene promosso quasi automaticamente alla classe successiva e sarà per lui sempre più difficile recuperare le lacune pregresse. Insomma nella scuola si premia sempre di più l’ignoranza ed il lassismo e si spaccia tutto questo per progresso ed integrazione. Tutto ciò alla lunga produce un esercito di consumatori obbedienti, sempre meno capaci di operare un confronto critico, sempre più succube ai messaggi artefatti creati apposta per loro dai manipolatori di opinioni. Il mondo nuovo di Aldous Huxley non è più fantascienza, è realtà.
Ma la causa forse più importante è il fatto che la cultura non è più un valore per le nostre famiglie (d’altronde non lo è per i nostri mezzi di comunicazione di massa, e le nostre famiglie si adeguano), la scuola viene sempre più privata di valore, viene considerata una merce e sottoposta a provvedimenti di privatizzazione (come se il sapere fosse qualcosa da vendere e da comprare al pari di una saponetta), le risorse per il sistema scolastico diminuiscono, i ragazzi abituati al mondo dei computer, dei videogame e delle televisioni, e alimentati con cibi che li rendono irrequieti (coca cola, cioccolato e cibi zuccherati) non hanno più la pazienza di leggere un testo, di ascoltare il docente, di studiare, non hanno più la voglia di sforzarsi a comprendere ragionamenti complessi.
Per altro (per quanto io non sogni una scuola selettiva/repressiva) bisogna ricordare come sia sempre più difficile bocciare uno studente che non sa (specie alle scuole elementari): lo studente con carenze a volte gravi nelle conoscenze ed abilità di base (leggere e far di conto) viene promosso quasi automaticamente alla classe successiva e sarà per lui sempre più difficile recuperare le lacune pregresse. Insomma nella scuola si premia sempre di più l’ignoranza ed il lassismo e si spaccia tutto questo per progresso ed integrazione. Tutto ciò alla lunga produce un esercito di consumatori obbedienti, sempre meno capaci di operare un confronto critico, sempre più succube ai messaggi artefatti creati apposta per loro dai manipolatori di opinioni. Il mondo nuovo di Aldous Huxley non è più fantascienza, è realtà.
Qualcuno forse ancora si chiederà come possano i grandi potentati economici livellare l’informazione, qualcuno penserà che essendoci vari giornali di varie tendenze politiche (almeno nostri paesi occidentali) ci sia sempre qualcuno che possa svelare le menzogne dei potenti: qualcuno penserà che da noi c’è la libertà di stampa e di informazione che ci protegge da simili macchinazioni. Purtroppo la storia del giornalismo racconta un’altra amara verità.
Come spiegano Noam Chomsky e Edward S. Herman nel loro libro “La fabbrica del consenso” (Marco Tropea editore) nel campo del giornalismo le cose sono radicalmente cambiate nel corso degli ultimi due secoli. Se un tempo i costi di gestione di un giornale erano relativamente accessibili, e quindi affrontabili anche da un’organizzazione sindacale che voleva diffondere le proprie idee fra i lavoratori o da un’organizzazione politica di opposizione che voleva diffondere il proprio punto di vista sulle malefatte del governo di turno, il progresso industriale ha fatto sì che si potessero costruire tipografie più rapide, che permettevano tirature più elevate e alla fine permettevano anche di ottenere prezzi più bassi, ma i costi di avvio di un impianto moderno erano proibitivi per sindacati, organizzazioni operaie, movimenti di opposizione. I giornali che proponevano un’altra visione del mondo divennero quindi pian piano meno competitivi sul piano economico (costavano di più degli altri) e sempre più difficili da mandare avanti. Le cose peggiorarono quando fu introdotta la pubblicità come mezzo di sostentamento del giornale stesso. Ovviamente raccoglieva più pubblicità (e quindi più soldi) un giornale indirizzato alle classi medio alte (che sosteneva le posizioni del governo) letto quindi da quella gente che aveva i soldi per comprare; più difficile che un qualsiasi industriale o commerciante decidesse di pubblicare un annuncio pubblicitario sul giornale del partito operaio o del sindacato, letto da persone che avevano ben pochi soldi da spendere per comprare ciò che si intendeva reclamizzare. E se proprio qualche pubblicità arrivava pure a questi ultimi giornali si era automaticamente soggetti al ricatto: “non ti permettere di scrivere questo se no ritiro la mia pubblicità dal tuo giornale”. Chi commissiona una pubblicità non appartiene certo alla classe operaia e non ha nessun interesse che si critichi a fondo il sistema socio-economico che a lui garantisce ampi benefici.
In questo modo gran parte dei giornali che veramente facevano un’opera di opposizione e di controinformazione pian piano chiudevano da soli, senza necessità che il governo si scomodasse a chiuderli con la forza. I giornali che restavano erano tutti più o meno omologati, con un separazione artificiale fra “progressisti” e “conservatori”, ovvero fra due visioni differenti dello stesso sistema sociale di sfruttamento, due diverse versioni comode a chi gestisce il potere del capitalismo del governo degli imprenditori e dei capitalisti. È questa la nostra odierna “libertà di stampa” una sorta di “libertà condizionata”, siamo liberi di scrivere quello che vogliamo su un giornalino di quattro fogli letto da qualche centinaio (o al massimo qualche migliaio) di persone ma ci è impossibile scrivere su un qualsiasi quotidiano a larga diffusione un articolo che critichi realmente il fondamento della società in cui viviamo, che smascheri realmente le menzogne dei moderno sistema globalizzato. Anche in certi giornali cosiddetti di opposizione la critica è sempre parziale, sempre interna al sistema, mirata a riforme e non a cambiamenti.
NOTE:
1) Citato in Vance Packard, La Persuasion clandestine, Calmann-Lévy, Parigi, 1989, pp. 288, Fr. 124.
2) Come sopra.
3) Questa e le successive citazioni sono tratte dall’articolo di Frank Mazoyer “Sedotti e consumati” apparso su “Le Monde diplomatique”, gennaio 2001.
4) Il primo è un romanzo di “fantascienza” che descrive una società verticistica in cui ogni attività umana è standardizzata, il secondo è un saggio che descrive come le “fantasie” del primo libro si fossero realizzate nel volgere di qualche decennio dalla sua pubblicazione.
5) Più in là nel tempo qualcun altro realizzò un simile squallido obiettivo con le pilloele anticoncezionali.
6) Crossen C., Tainted Truth: The Manipulation of Fact in America 1996.
Come spiegano Noam Chomsky e Edward S. Herman nel loro libro “La fabbrica del consenso” (Marco Tropea editore) nel campo del giornalismo le cose sono radicalmente cambiate nel corso degli ultimi due secoli. Se un tempo i costi di gestione di un giornale erano relativamente accessibili, e quindi affrontabili anche da un’organizzazione sindacale che voleva diffondere le proprie idee fra i lavoratori o da un’organizzazione politica di opposizione che voleva diffondere il proprio punto di vista sulle malefatte del governo di turno, il progresso industriale ha fatto sì che si potessero costruire tipografie più rapide, che permettevano tirature più elevate e alla fine permettevano anche di ottenere prezzi più bassi, ma i costi di avvio di un impianto moderno erano proibitivi per sindacati, organizzazioni operaie, movimenti di opposizione. I giornali che proponevano un’altra visione del mondo divennero quindi pian piano meno competitivi sul piano economico (costavano di più degli altri) e sempre più difficili da mandare avanti. Le cose peggiorarono quando fu introdotta la pubblicità come mezzo di sostentamento del giornale stesso. Ovviamente raccoglieva più pubblicità (e quindi più soldi) un giornale indirizzato alle classi medio alte (che sosteneva le posizioni del governo) letto quindi da quella gente che aveva i soldi per comprare; più difficile che un qualsiasi industriale o commerciante decidesse di pubblicare un annuncio pubblicitario sul giornale del partito operaio o del sindacato, letto da persone che avevano ben pochi soldi da spendere per comprare ciò che si intendeva reclamizzare. E se proprio qualche pubblicità arrivava pure a questi ultimi giornali si era automaticamente soggetti al ricatto: “non ti permettere di scrivere questo se no ritiro la mia pubblicità dal tuo giornale”. Chi commissiona una pubblicità non appartiene certo alla classe operaia e non ha nessun interesse che si critichi a fondo il sistema socio-economico che a lui garantisce ampi benefici.
In questo modo gran parte dei giornali che veramente facevano un’opera di opposizione e di controinformazione pian piano chiudevano da soli, senza necessità che il governo si scomodasse a chiuderli con la forza. I giornali che restavano erano tutti più o meno omologati, con un separazione artificiale fra “progressisti” e “conservatori”, ovvero fra due visioni differenti dello stesso sistema sociale di sfruttamento, due diverse versioni comode a chi gestisce il potere del capitalismo del governo degli imprenditori e dei capitalisti. È questa la nostra odierna “libertà di stampa” una sorta di “libertà condizionata”, siamo liberi di scrivere quello che vogliamo su un giornalino di quattro fogli letto da qualche centinaio (o al massimo qualche migliaio) di persone ma ci è impossibile scrivere su un qualsiasi quotidiano a larga diffusione un articolo che critichi realmente il fondamento della società in cui viviamo, che smascheri realmente le menzogne dei moderno sistema globalizzato. Anche in certi giornali cosiddetti di opposizione la critica è sempre parziale, sempre interna al sistema, mirata a riforme e non a cambiamenti.
NOTE:
1) Citato in Vance Packard, La Persuasion clandestine, Calmann-Lévy, Parigi, 1989, pp. 288, Fr. 124.
2) Come sopra.
3) Questa e le successive citazioni sono tratte dall’articolo di Frank Mazoyer “Sedotti e consumati” apparso su “Le Monde diplomatique”, gennaio 2001.
4) Il primo è un romanzo di “fantascienza” che descrive una società verticistica in cui ogni attività umana è standardizzata, il secondo è un saggio che descrive come le “fantasie” del primo libro si fossero realizzate nel volgere di qualche decennio dalla sua pubblicazione.
5) Più in là nel tempo qualcun altro realizzò un simile squallido obiettivo con le pilloele anticoncezionali.
6) Crossen C., Tainted Truth: The Manipulation of Fact in America 1996.
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